È stato ribattezzato «il quartiere a luci rosse 2.0». È il nuovo maxi-bordello per Amsterdam su cui punta Femke Halsema, prima donna sindaca della città, regista e produttrice televisiva, in politica con i verdi e progressisti di sinistra della GroenLinks. L’obiettivo dichiarato è ridurre i disagi per i residenti dell’attuale Red Light District, lo storico quartiere a luci rosse del centro esistente dal XIV secolo, frequentato ogni anno da 200mila avventori.

IL NUOVO CENTRO EROTICO, negli intenti della sindaca, dovrebbe poter offrire alle lavoratrici del sesso un posto di lavoro «indipendente e sicuro». Cercando inoltre di evitare che le donne nelle vetrine affacciate direttamente in strada costituiscano un’attrazione turistica. Se approvato dal Consiglio Comunale, il nuovo centro erotico verrà costruito nella parte sud di Amsterdam.

A progettarlo per conto del Comune, l’architetto olandese di origini italiane Gianni Cito e il suo collega Jurgen ten Hoeve dello studio Moke Architecten. I due hanno immaginato due torri cilindriche di 11 piani ognuna: 5.000 metri quadrati di superficie con bar, ristoranti, sexy show e un centro erotico (sempre con le vetrine ma interne alla struttura). In totale si parla di tre operatori privati in grado di generare 100 posti di lavoro, legati alla prostituzione di donne, uomini e trans/Lgbtiq+.

PER PORTARE a compimento questo cambiamento epocale per la città di Amsterdam manca solo il via libera del Consiglio Comunale, dove già si preannuncia battaglia. Il voto per l’ubicazione del nuovo centro erotico all’Europaboulevard è al momento previsto durante la settimana santa: mercoledì 27 e giovedì 28 marzo. L’opposizione è contraria e ha già pronte le proprie mozioni: il 1 febbraio il partito Vvd aveva organizzato un primo incontro pubblico in sala consiliare, al quale era presente anche il manifesto.

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La sindaca Halsema, non obbligata a partecipare, ha disertato l’aula. Un centinaio le persone presenti, tra lavoratori del sesso, esercenti dell’attuale quartiere a luci rosse, membri delle liste civiche, residenti dell’Europaboulevard e semplici cittadini. Quasi cinquanta quelle che hanno preso la parola: tutte contrarie, tranne una. Il successivo 15 febbraio è stata la volta di un secondo dibattito pubblico, stavolta con la sindaca e i partiti. La maggior parte delle domande le sono state rivolte dai suoi alleati liberali del D66, cristalizzando così pubblicamente una frattura anche nella stessa maggioranza. Domande già emerse in parte un anno fa, al momento della presentazione da parte del Comune dello studio di fattibilità, alle quali non era fino ad ora però giunta alcuna risposta.

CON UN DOCUMENTO di 17 pagine è arrivata la replica del Comune a 59 quesiti. Oltre alla contestata scelta della nuova ubicazione (i residenti sono sul piede di guerra), i dubbi sono sui finanziamenti necessari e sulla gestione della sicurezza. Partiamo dai numeri: la sindaca prevede, non è chiaro su quali basi, un afflusso al nuovo centro erotico di 30.000 persone a settimana. A suo dire «non sembra realistico che i giovani possano venire coinvolti nel traffico di droga o nella prostituzione o che mostrino una cattiva condotta sessuale soltanto perché il centro erotico potrebbe sorgere a 500 metri dalla loro scuola».

L’altra questione di non poco conto è se i lavoratori del sesso sono d’accordo. A quanto pare no, viste le proteste e le loro levate di scudi, anche durante l’incontro pubblico in consiglio comunale. Ma per la sindaca Helsema «alcuni gruppi» con i quali ha parlato sarebbero a favore. Si tratterebbe di coloro che offrono i loro servizi in edifici residenziali e alberghi (nei Paesi Bassi la prostituzione è illegale soltanto in strada).

STESSO DISCORSO per quelli che devono fare i conti con gli elevati prezzi di mercato per l’affitto delle vetrine: il cui numero nel Red Light District è stato però ridotto proprio dal Comune, provocando un’ulteriore impennata dei prezzi. Infine, il futuro stesso dell’attuale quartiere a luci rosse. Su questo la sindaca rivela che entro l’estate se ne saprà di più. Ma anche che, se necessario, nel caso in cui non si dovesse arrivare a un accordo per chiuderle si procederà addirittura all’esproprio.

La sindaca ammette l’attuale assenza di «un piano di attuazione più concreto: verrà elaborato passo dopo passo, nelle fasi successive», promette Halsema. Del resto al momento si voterà soltanto la scelta del luogo in cui verrà costruito. Poi, entro fine 2024, si deciderà se portare avanti o meno il progetto, con costruzione al via non prima del 2029 e consegna per fine 2031. In altre parole, se l’attuale Red Light District chiuderà davvero, non se parlerà prima di sette anni. Fino ad allora le vetrine illuminate dai neon rossi del De Wallen (le mura), dove le prostitute offrono legalmente i loro servizi, continueranno a restare accese. Per provare a chiuderlo per sempre Halsema ha tempo: il 28 febbraio 2024 il Consiglio Comunale l’ha nominata per un nuovo mandato di sei anni alla guida di Amsterdam.