Un accordo sul disarmo dei gruppi armati in Ucraina e l’evacuazione degli edifici occupati nell’est del paese, raggiunto attorno a un tavolo quadrato per quattro interlocutori, all’Hotel Intercontinental di Ginevra, impegnati in un negoziato che è durato molto più del previsto, mentre sul terreno la tensione continua a crescere. Il segretario di stato Usa John Kerry, i ministri degli esteri di Russia e Ucraina, Serguei Lavrov e Andrii Deshshitsa, che si sono incontrati per la prima volta, e l’Alta rappresentante della Ue per la politica estera, Catherine Ashton hanno cercato per ore di trovare una via alla disescalation in Ucraina. “Tutte le parti devono astenersi da azioni violente atti di intimidazione o azioni provocatrici”, dice il testo dell’accordo. La Russia chiede la garanzia che l’Ucraina non entrerà nelle Nato e punta a un “dialogo nazionale” per arrivare ala decentralizzazione. Gli Usa vogliono che la Russia smetta di sostenere i separatisti nell’est dell’Ucraina e ritiri le truppe ammassate alla frontiera. In “assenza di applicazione” dell’accordo di disarmo, Washington “prepara attivamente” nuove sanzioni contro Mosca. Ieri, il Parlamento europeo ha chiesto alla Ue di “rafforzare” le sanzioni mirate contro personalità russe e invitato “a prepararsi” a passare a un livello superiore di sanzioni economiche: Bruxelles, pero’, per il momento dovrebbe soltanto annunciare “nei prossimi” giorni l’aggiunta di qualche nome alla lista delle 33 personalità penalizzate. I 28 paesi dell’Unione europea restano divisi sull’azione nell’immediato futuro e non dovrebbe esserci un vertice straordinario dei capi di stato e di governo della Ue la prossima settimana. A parole, resta la minaccia di sanzioni. François Hollande, da Parigi, invita al “ritorno alla ragione”, ma afferma che se Ginevra fallisce, “bisogna alzare il livello di sanzioni”. La Francia assicura che “la nostra volontà è fare di tutto per arrivare a una disescalation”, sostiene che esiste una “possibilità di dialogo” messa pero’ a rischio da “operazioni che possono portare a un’azione di forza”. Per Parigi, la “soluzione” passa per il “rispetto dell’agenda politica”, cioè dalla tenuta delle elezioni presidenziali in Ucraina, previste il 25 maggio, che Mosca sta cercando di far saltare. “Bisogna che questo voto possa aver luogo nell’insieme del territorio e possano svolgersi in condizioni di trasparenza e di completa libertà”, ha precisato Hollande. La Gran Bretagna è uno dei paesi più intransigenti e preme per il passaggio a un livello di elevato di sanzioni. I paesi baltici manifestano ormai chiaramente la loro irritazione nei confronti delle incertezze e della debolezza europea. La crisi ucraina e la paura della Russia ha spinto ieri la Lituania ad approvare una legge che prevede l’entrata di Vilnius nell’euro nel 2015, per rafforzare i legami con la Ue. La Francia ha annunciato che entro la fine di aprile saranno operativi quattro caccia Rafale, ne quadro della missione Nato di “polizia dei cieli” nei paesi baltici.

Putin usa l’arma del gas e minaccia la Ue, che è dipendente dalla Russia su questo fronte. Ieri, il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, ha accettato la proposta di Putin di aprire delle discussioni sulla sicurezza delle forniture di gas. Per Barroso, “l’affidabilità della Russia è in gioco”. Barroso, che ha riposto a nome dei 28 paesi Ue a una lettera di Putin inviata solo a 13 paesi dell’Unione (tra cui Germania, Francia e Italia), afferma che “è nostro interesse comune avviare rapidamente queste discussioni, includendo l’Ucraina”. Il commissario Ue all’energia, Günther Oettinger, si è detto “pronto” a incontrare “immediatamente” i responsabili russi e ucraini del settore energetico. La Germania, che importa il 30% del gas dalla Russia, propone di “aumentare la pressione” su Mosca, ma “senza rendere il dialogo impossibile” per trovare una soluzione alla crisi ucraina. L’altra carta giocata dall’occidente è l’isolamento internazionale di Putin. Ieri, il ministro degli esteri giapponese, Fumio Kishida, ha annunciato, ufficialmente “per problemi di agenda”, di dover rimandare a data da definirsi il previsto viaggio a Mosca, dove doveva incontrare il vice-primo ministro, Igor Shuvalov, nell’ambito del comitato bilaterale per il commercio e le questioni economiche. Il Giappone dipende al 10% dalle importazioni di gas russo.