Per dire che non stanno né con le narcomafie né con le multinazionali del tabacco e del farmaco, che sono contro i monopoli e la mercificazione, contro ogni proibizionismo, ma soprattutto per il diritto di coltivare la cannabis, per l’autogestione dei propri usi e la libertà di scelta e di cura, hanno coniato un nuovo termine che racchiude tutti questi concetti: «umanopolio». In altre parole, il monopolio degli umani sui beni comuni, patrimoni dell’umanità intera non cedibili ai mercati. È questo lo slogan della 14esima edizione italiana della Million Marijuana March, in programma sabato prossimo in centinaia di città del mondo (a Roma partenza da Piazzale dei Partigiani alle ore 16, fine del percorso a Piazza San Giovann con termine alle 23).

L’evento è stato presentato ieri, nel corso di una conferenza stampa alla Camera dei deputati durante la quale è stata resa pubblica anche la Carta dei diritti delle persone che usano sostanze, realizzata dalle reti di operatori, dalle associazioni e da chiunque abbia a che fare con le droghe, le cui basi erano state gettate nella due giorni che si è tenuta a Genova lo scorso febbraio. «Si tratta di una sorta di carta costituente, con la quale i consumatori rivendicano il loro diritto di cittadinanza, a essere accettati per quello che sono, senza essere perseguitati e soprattutto nella prima parte prende spunto dalla Carta dei diritti umani delle Nazioni Unite», ha spiegato Alessandro «Mefisto» Buccolieri, tra gli storici organizzatori della Million Marijuana March. Una Carta, aggiunge, «entro la quale e non oltre dovrà muoversi chi vorrà legiferare in materia senza calare leggi dall’alto e contro il sentire delle persone interessate da questi provvedimenti».

Superata la Fini-Giovanardi, una delle leggi più repressive al mondo, bocciata pochi mesi fa dalla Consulta, gli organizzatori italiani della Mmm (presenti ieri le associazioni Forum Droghe e Antigone, oltre al deputato di Sel, nonché storico attivista del centro sociale milanese Leoncavallo, Daniele Farina), ribadiscono le loro richieste che restano le stesse di sempre ma vengono oggi rilanciate in un clima politico mutato. Al primo posto c’è «la fine della persecuzione delle persone che utilizzano sostanze rese illecite dal proibizionismo, il diritto all’uso terapeutico immediato per i pazienti che necessitano della cannabis, a coltivare liberamente una pianta che è un pezzo del patrimonio botanico del pianeta e che appartiene all’umanità intera». Infine, «l’abolizione del Dap (il Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio) che arroga a sè, espletandole con un furore ideologico e un accanimento degno della peggiore propaganda proibizionista, funzioni che dovrebbero essere molto più pragmaticamente di competenza dei Ministeri della salute, della giustizia e delle politiche sociali». Nei prossimi giorni, gli organizzatori dell’edizione italiana della marcia mondiale antiproibizionista hanno inoltre previsto una serie di workshop e seminari di approfondimento. Venerdì 9 maggio, al centro sociale Forte Prenestino, si analizzeranno gli scenari che si sono aperti in seguito alla cancellazione della legge Fini-Giovanardi sulle droghe. Tra gli ospiti anche Martin Barriuso, portavoce della Federación de Asociaciones Cannábicas, principale organizzazione iberica che si batte per il diritto all’autocoltivazione della cannabis.