Alla Quadriennale di Roma a Villa Carpegna fino al 4 maggio sarà visibile l’opera filmica e sonora di Thorsten Kirkhhoff in un’installazione appositamente pensata per quello spazio: «ho creato nella sala delle colonne un luogo che è anche un trucco architettonico, dove si attiva un’osmosi tra i materiali, come una serra si potrebbe dire, dove ci sono oggetti come personaggi, dove accade una specie di fotosintesi, come nella vita della pellicola, dove la luce che arriva viene restituita come immagine. In tutto il mio lavoro l’immagine si confronta con il materiale perché, in fondo, un set cinematografico contiene nel suo Dna la possibilità di essere immagine». In questa mostra vengono proiettati i suoi nove film girati dal 1997 al 2012 di cui il più lungo Overdrive dura min.7’40’ e il più breve Stop motion dura 2’17’, tempi da videoclip o da trailer pieni di citazioni stravolte di film da lui amati Hitchcock o Cronenberg, Kubrik o Lynch che, come scrive Bruno Di Marino nella presentazione del lavoro «possono essere letti, chi più chi meno, quali music video volutamente artigianali, vicini all’estetica fanta-surreale di un Meliès».

Accanto alla sala delle colonne poi c’è una finestrella da cui si spia l’interno di una vecchia cucina illuminata ad effetto Thriller (fasci di luce colorata alternati e musica da grande suspence che proviene dall’interno). «Guardi dentro ma non puoi entrare in cucina, guardi dallo sportellino…Mistero e tensione…potrebbe finire male…anche se…». Conosco Thorsten dalla metà degli anni ottanta quando appena arrivato a Roma incontrò la mia amica e organizzatrice teatrale Paola Bucciano che un giorno mi telefonò agitatissima dicendomi che mi doveva presentare questo ragazzo danese di cui si era follemente innamorata e che avrei dovuto far di tutto per farlo rimanere in Italia pena la sua eterna infelicità. Stavo preparando uno spettacolo sul Cavaliere Azzurro di Kandinskij con Marco Solari e non avevamo ancora cominciato a provare quando Paola ci venne a trovare col danese che esordì con una frase il cui senso era «Generalmente l’effetto che faccio sugli sconosciuti è un’immediata e forte antipatia» sublime! Il ragazzo era molto ironico ed eclettico aveva provato a fare il calciatore giocando per un po’ con la nazionale danese (forse giovanile), poi aveva messo su un gruppo musicale con dei suoi amici (con i quali ancora collabora infatti le musiche dei filmati sono sue e di alcuni di loro) e poi era stato preso da grande passione per la pittura e dipingeva quadri surreali animati da un unico personaggio chiamato il Rataporco. Insomma un individuo da tenere d’occhio animato da uno spirito sardonico e geniale. Abbiamo lavorato insieme in quattro spettacoli Cavaliere azzurro, Racconti Inquieti, A sangue freddo e Ho perso la testa ed il suo apporto non si è mai limitato alla sola recitazione, a volte ha cantato o suonato (in A sangue freddo era un disturbante Dick armato di chitarra elettrica) o collaborato alle scene. Nel tempo la sua identità artistica ha catturato la sua attenzione totale ma siamo sempre molto amici e Paola è ancora la sua compagna. Nel film Overdrive appare Alberto Grifi che fa la parte di un medico della Asl che rifornisce di pillole un paziente alienato per farlo tornare ad una apparente normalità (in realtà per meglio controllarlo) così come Falzoni in Dinni e la Normalina dello stesso Grifi. Rimandi, citazioni, sogni, cinema , pittura e musica di un artista «psicanalista del reale».