Sono rientrati nel Teatro Valle due anni dopo il forzato sgombero con le luci spente. Nella sala più antica di Roma due casse diffondevano un suono cupo e ritmato: il battito cardiaco di un teatro che è tornato a respirare per tre ore dopo 669 giorni e 22 mesi di abbandono. E di vendetta politica: tre anni di occupazione dovevano essere rimossi. Partecipazione e autogoverno della cittadinanza, anche. Ci sono riusciti, nella città del disastro Marino e del triplo commissariamento: Tronca in Campidoglio, poi il Giubileo, infine il debito. In morte apparente fino a ieri, quando gli attivisti lo hanno rioccupato. Per liberarsi, e liberare una città soffocante e sotto sgombero (gli 860 spazi, associazioni e centri sociali); chiusa (dal teatro Quarticciolo al cinema l’Aquila).

In alto, ad altezze variabili sotto la cupola, palloncini con led intermittenti lampeggiavano. A poco a poco le luci si sono accese, in tutti gli ordini dei palchi. Il palco vuoto, con le quinte scoperte. I velluti rossi delle poltrone. I corridoi ridotti a magazzini. La lavagna con l’ordine del giorno dell’ultima assemblea di due anni fa. Il Valle è un organismo, lo si può sentire respirare. Dategli un po’ di possibile, altrimenti soffoca.

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Teatro Valle a Roma e la mascotte “Fuffy”, foto di Vincenzo Tersigni

Questo accadeva dentro. Fuori – tempo un’ora – si sono schierate tre camionette della polizia e una della guardia di finanza. Chiusi tutti gli accessi. Una cinquantina di uomini in tenuta antisommossa guidati da un drappello di agenti della Digos in borghese: prima è stata intimata l’uscita, poi è stato concesso il tempo di una conferenza stampa, poi si è pensato di organizzare un’assemblea cittadina per riprendere il filo di uno scandalo nazionale. E infine è scattato lo sgombero. Spinte e controspinte davanti al portone di via del teatro Valle: da un lato la Digos, dietro una decina di agenti con caschi, scudi e manganelli; dall’altro lato, dietro la porta, alcuni attivisti che cercavano di non farli entrare; nel mezzo fotografi, cittadini e attivisti schiacciati. Sette gli attivisti identificati.

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Teatro Valle a Roma, foto di Vincenzo Tersigni

È il paradosso di Carminati. La velocità dell’intervento per impedire un’assemblea in uno dei luoghi più simbolici dei beni comuni nella Capitale è stato inversamente proporzionale alla velocità con cui hanno contrastato Mafia Capitale. A Roma, l’iniziativa, la cultura e la partecipazione sono diventate questioni di ordine pubblico. Per questo il Valle, che ne è stato il simbolo per 1.151 giorni, deve restare deserto.

Non c’è spazio per la felicità: lo si è capito dalla prima dichiarazione di Renzi, appena insediato a Palazzo Chigi: normalizzare il teatro. Ordine eseguito dall’ex sindaco Marino, e dalla sua giunta di centro-sinistra, a loro volta defenestrati dal Pd. L’iniziativa, hanno spiegato gli attivisti, è stata presa per spingere i candidati al ballottaggio del 19 giugno, la favorita Virginia Raggi (Cinque Stelle) e Roberto Giachetti (Pd), a prendere parola sul Valle. E, in generale, sulla cultura a Roma: un tema oscurato mentre si parla delle Olimpiadi volute dai palazzinari, dal Coni e dal governo, delle buche o del decoro.

Le reazioni

L’azione, come prevedibile, ha prodotto una fitta serie di dichiarazioni dalle parti opposte degli schieramenti politici. «Di fronte alla riapertura di uno spazio sociale, culturale e politico come il Valle è vergognoso che si risponda sempre e solo con la stessa logica repressiva e con la militarizzazione – sostiene Eleonora Forenza, eurodeputata de “L’altra Europa con Tsipras” che ha cercato di mediare tra gli attivisti e le forze dell’ordine – Bisogna unire le lotte, riaprire il Valle è una bellissima conquista e farlo oggi, nel giorno del Gay Pride, è ancora più importante. La città risponde agli sgomberi e alla repressione, alla criminalizzazione dei movimenti, con la riapertura di spazi».

«Dato che da due anni nessuno ha voluto dimostrare di difendere il teatro Valle è stata giusta l’azione dimostrativa pacifista – ha detto Stefano Pedica del Pd romano – Coloro che negli anni passati si sono battuti per farlo rinascere hanno scongiurato la fine ingloriosa di una struttura fiore all’occhiello di tante stagioni teatrali».

«Si continua a non rispettare gli impegni presi allora dall’amministrazione capitolina per far diventare il Valle un bene comune al servizio della città attraverso la sperimentazione di forme partecipate di gestione. È ora di attuare gli impegni presi. È ora di rianimare le politiche per la cultura» ha sollecitato Stefano Fassina (Sinistra italiana).

«Oggi hanno rioccupato il Teatro Valle perché sanno che chiunque vincerà le elezioni chiuderà un occhio. «Il nuovo sindaco di Roma si impegni a rimettere il Teatro nella disponibilità della città e non dei figli di papà radical chic» è intervenuta, con la consueta grazia, Giorgia Meloni, ormai fuori dai giochi elettorali.

Sono arrivati anche i segnali dai candidati in lizza per il Campidoglio, sollecitati ancora qualche giorno fa dall’attore Alessandro Gassman: «Chi riapre il Valle per me vince» ha scritto su twitter. «C’era un accordo concordato con gli occupanti di allora [con il teatro di Roma, ndr.] – ha detto Giachetti – Ci abbiamo messo un po’ di tempo, ma questa è la burocrazia, ma lì la soluzione c’era. Le occupazioni non servono». Dello stesso tenore, quasi in fotocopia, la dichiarazione di Raggi: «Sul Teatro Valle si era già trovato un accordo, peccato che sia stato rioccupato. Esamineremo anche questo tema a tempo debito».

L’accordo, in realtà, era tra il Mibact e il teatro di Roma e non è mai stato ratificato, questa la risposta degli attivisti su twitter.  Martedì, ha fatto sapere il Campidoglio, ci sarà un’intesa con il Mibact sul «piano di valorizzazione» del Valle dopo che la proprietà è passata al comune. Partirà il bando per i lavori di ristrutturazione, 3 milioni di euro stanziati, come da mesi si ripete, senza che nulla sia accaduto.

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Instant Comic di Enrico Pantani

Le ipotesi

Sul futuro della storica sala non c’è certezza: Fabrizio Grifasi, direttore della Fondazione Romaeuropa, ha presentato al prossimo sindaco un’autocandidatura per «un affidamento non esclusivo» del Valle. Una soluzione che presuppone la possibilità di un bando che invece dovrebbe essere escluso, dato che nell’accordo di cui hanno parlato i candidati sindaci il Valle sarebbe stato affidato al teatro di Roma. Ciò non toglie che quest’ultima istituzione che oggi gestisce il teatro Argentina e il teatro India, non possa affidare a Romaeuropa il teatro per iniziative.

Anche in quest’ultimo caso, non è affatto chiaro cosa il presidente del teatro di Roma, Marino Sinibaldi (candidato a fare l’assessore alla cultura nella giunta di Giachetti), e diretto da Antonio Calbi, intendano con la dizione di «teatro partecipato». All’origine si era parlato di una collaborazione, non meglio precisata, con la fondazione del del teatro Valle “bene comune”. Di tempo ne è passato, ma i nodi non sono stati sciolti. Per gli attivisti un elemento è chiaro «Il bando è un modello da superare: non assicura controllo democratico, si basa su competitività,favorisce le solite lobby di potere».

Sui bandi, che a Roma rappresentano un problema politico di enorme importanza dopo Mafia Capitale, ci sono sensibilità diverse. «Per noi il bando pubblico, nel rispetto ovviamente di criteri quali la trasparenza e la legalità, resta uno strumento essenziale» ha sostenuto ad esempio Virginia Raggi in una risposta a Stefano Fassina sull’Huffington Post. Una posizione ribadita in un incontro al Cinema Palazzo con i movimenti romani. La candidata a Cinque Stelle riconosce tuttavia la possibilità di alcune eccezioni, anche a seguito della campagna “Roma non si vende-Decide la Città” condotta da decine di associazioni e movimenti nella Capitale. «E’ evidente che chi negli ultimi anni ha dimostrato concretamente di essere parte socialmente attiva debba ricevere adeguata considerazione ed essere eventualmente coinvolto per focalizzare le principali esigenze del territorio».

In questa situazione, considerando i tempi della ristrutturazione, e le incertezze legate al suo destino, il teatro Valle potrebbe restare chiuso almeno per un altro anno.

Buio in sala.