Sei corpi senza vita allineati su una spiaggia catanese. Erano a 15 metri dalla riva, un sogno sembrava avverarsi e invece hanno trovato la morte. La morte che erano riusciti a sfuggire nel loro paese, la Siria, dilaniata dalla guerra civile. È andata meglio per gli altri  94 che erano con loro.
Non è solo Lampedusa la meta, anche se resta quella principale, gli approdi cambiano a seconda delle provenienze dei profughi: Tunisia, Libia, Somalia, Afghanistan, Egitto, Siria, etc. Attraverso il punto di approdo possiamo ricostruire la geografia delle crisi più acute di questa parte del pianeta: guerra, fame, povertà.

Tutti abbiamo diritto a sognare una vita migliore e noi, con il passato di migranti, possiamo capirlo ora più che mai nel momento in cui molti giovani abbandonano l’Italia per cercare un futuro altrove. È una consapevolezza che abbiamo sempre trovato nella popolazione di Lampedusa, la più esposta alle ondate di sbarchi, ma anche la più solidale nei confronti dei profughi. Ma l’abbiamo visto anche ieri a Catania, dove lo stupore per la scena che si presentava sulla spiaggia, non si è tramutato in astio o fastidio, come era accaduto in passato, ma in pietà e comprensione.

Sarà l’effetto del viaggio del papa a Lampedusa, della sobrietà della ministra Kyenge, dei messaggi della presidente della Camera Boldrini, dell’umanità della sindaca Nicolini, ma l’atteggiamento è cambiato, nonostante le campagne razziste della Lega nord che sembra aver fatto della lotta ai migranti l’unica ragione della sua esistenza.

Centinaia di uomini, donne e bambini raggiungono la nostra terra, ma molti altri annegano o sono buttati a mare perché la vita li ha abbandonati durante una traversata drammatica su un peschereccio dismesso e comprato per pochi soldi dai trafficanti che hanno già messo in conto di perderlo. Eppure per salire su quei rottami gli sventurati pagano migliaia di euro, sacrifici di una vita, di famiglie intere, oppure resteranno per tutta la vita ostaggio dei trafficanti. Nulla e nessuno li potrà fermare, né l’ottusità di Malta, né gli accordi per uno sbarramento con i paesi di provenienza o di passaggio, né il rimpatrio forzato.

Però molto si può fare per dare un aiuto concreto, innanzitutto una politica di accoglienza che riguardi tutta l’Europa, a partire dall’Italia. Se i visti per l’Europa comprendono tutta l’area Schengen non si capisce perché la richiesta di asilo può essere fatta solo nel paese di riconoscimento. Molti migranti non vogliono restare in Italia, alcuni si sono bruciati i polpastrelli per evitare l’identificazione nel nostro paese.

E poi l’Europa dovrebbe avere un ruolo di mediazione nei conflitti che dilaniano paesi molto vicini a noi come la Siria. La ministra Bonino sostiene, giustamente, che il conflitto siriano non può avere una soluzione militare, allora occorre un’iniziativa decisa per spingere verso un negoziato. Nel frattempo non possiamo permettere che chi fugge dalla guerra muoia in mare davanti alle nostre coste.
E chi ha fatto della solidarietà il proprio stile di vita, come la popolazione di Lampedusa, meriterebbe il premio Nobel per la pace.