Sorpresa, nelle ultime 48 ore in Francia molti si scoprono all’improvviso figli di Trump. The Donald, che fino a qualche giorno fa era considerato un buzzurro americano, adesso si trasforma in modello. Tra poco più di cinque mesi ci sono le presidenziali e il campo politico vive nella confusione. Il 20 e 29 novembre ci sono le primarie della destra, da cui in linea di principio dovrebbe uscire il nome del vincitore delle presidenziali di aprile-maggio. Sull’elezione plana la minaccia di Marine Le Pen.
La leader del Fronte nazionale, che è stata l’unica a schierarsi preventivamente con Trump (con qualche riserva), adesso sottolinea che «le élite politiche e mediatiche sono state pesantemente punite», esattamente quello che spera succeda, a suo favore, alle presidenziali, perché «quello che il popolo vuole, può farlo».

11desk3 le pen 41
Marine Le Pen considera la vittoria di Trump importante per se stessa, perché rappresenta un precedente, il tassello che finora mancava: una vittoria delle idee di estrema destra in un grande paese occidentale, un modello molto migliore di Vladimir Putin. I francesi le danno ragione: secondo un sondaggio di ieri, i due terzi pensano che sia la più adatta a «intendersi» con Trump.

In difficoltà nei sondaggi per le primarie di fine novembre, Nicolas Sarkozy, che aveva appoggiato Clinton, è subito saltato sulla vittoria di Trump: esprime il «rifiuto del pensiero unico», ha commentato l’ex presidente (che mira ad attirare gli elettori del Fronte nazionale) presentandosi come «il portavoce della maggioranza silenziosa».

Sarkozy ha buon gioco a dire che «in democrazia, un presidente è eletto e non è scelto dai media e dai sondaggisti». Sarkozy si riferisce a Alain Juppé, leader nei sondaggi per la primaria a destra. L’ex primo ministro para i colpi e insiste sulla via della ragione (cerca i voti degli elettori del centro): «Non voglio che l’avvenire sia il Fronte nazionale e tutti coloro che sono al rimorchio delle sue idee». Juppé si è rivolto ai francesi per «sottolineare tutti i rischi che la demagogia e l’estremismo fanno correre alla democrazia». Il suo portavoce insiste sulla necessità di «parlare all’intelligenza della gente», contro «l’ondata mondiale di populismo».

Anche François Hollande, che non sa ancora se sarà candidato alla propria successione (visti i sondaggi disastrosi) cerca di rappresentare la via della «ragione» e, da presidente, ha pubblicato un freddo comunicato sull’elezione di Trump, dove ha ricordato che è necessario «rispettare i principi fondatori: la democrazia, la libertà, il rispetto di ogni individuo». Al partito socialista in piena crisi e senza candidato, il segretario Jean-Christophe Cambadélis ha utilizzato la scusa Trump per rilanciare l’idea del «voto utile» a sinistra: «Se continua con i suoi infantilismi irresponsabili», cioè con le sue divisioni, la sinistra sarà spazzata via alle presidenziali e «sarà Le Pen».

Ma certe idee di Trump seducono anche nel Ps: Manuel Valls (che «si prepara» se Hollande getta la spugna) parla di «bisogno di frontiere, di regolare l’immigrazione», a cui aggiunge «meglio ridistribuire le ricchezze, proteggere le classi medie che si sentono declassate». Benoît Hamon e Arnaud Montebourg, ex ministri che corrono per le primarie del Ps (a gennaio) con la scusa di Trump completano la svolta anti-mondializzazione e anti libero-scambio. Montebourg suggerisce «un aggiornamento della sinistra europea» anche a favore del protezionismo, Hamon ammonisce: «Quando non si protegge il popolo, questo si vendica». Persino il liberal Emmanuel Macron si aggrappa alla sorpresa Trump: «Impossibile restare nello status quo in cui il nostro paese è infognato da trent’anni».

Alla sinistra della sinistra, Jean-Luc Mélenchon, candidato senza passare da nessuna primaria per la France Insoumise, secondo il quale «Sanders avrebbe vinto», se la prende con Hillary «la sinistra dei milionari, delle guerre, dei mercati trionfanti e del libero scambio generalizzato». Mélenchon invita a «rigettare i Clinton francesi, per evitare la vergogna di essere i forieri dei Trump locali». La direzione del Pcf rifiuta per il momento di sostenere la candidatura Mélenchon, ma decideranno gli iscritti.