Il ministro degli esteri russo, Serguei Lavrov, ha liquidato come “assurdo, addirittura stupido” mettersi a contare il numero dei capi di stato e di governo che non saranno presenti oggi alla cerimonia di inaugurazione dei Giochi Olimpici d’inverno a Sochi. Lavrov ha comunque sottolineato che ci saranno 44 capi di stato e 60 dirigenti mondiali. Il ministro se l’è presa in particolare con i “personaggi presuntuosi della politica europea e mondiale che hanno ignorato l’invito del Comitato olimpico”, il vero maestro di cerimonia. Le ragioni invocate per non assistere all’apertura dei Giochi riguardano in genere la questione dei diritti umani e la legge che punisce la “propaganda” omosessuale, anche se, tra occidente e Russia, ci sono anche importanti punti di tensione geopolitica, a cominciare dalla Siria e dall’Ucraina.

Obama non sarà presente, ma il boicottaggio di oggi è sicuramente meno significativo di quello delle Olimpiadi di Mosca nell’80, per protesta contro l’occupazione dell’Afghanistan. La vice-presidente della Commissione Ue, Viviace Reding, ha spiegato che non andrà a Sochi “fino a quando le minoranze continueranno ad essere trattate come ora dalla legislazione russa”. Gli stati europei hanno pero’ fatto scelte nazionali, una nuova prova del fatto che la politica estera della Ue non esiste. Boicotta apertamente la presidente della Lituania, Dalia Grybauskaite: “quando vedo le violazioni dei diritti dell’uomo, il comportamento russo verso i partner dell’est, le sanzioni economiche, ivi compreso contro la Lituania, non vedo nessuna possibilità per assistere ai Giochi di Sochi”. C’è poi un gruppo di paesi che non saranno presenti con i loro più importanti dirigenti, ma che rifiutano di parlare di boicottaggio. E’ il caso dei tre pezzi grossi europei, Francia, Germania e Gran Bretagna. Hollande non ci sarà ma l’Eliseo fa sapere che l’ultimo presidente ad assistere a un’apertura dei Giochi era stato Mitterrand nel ’92 (a rappresentare la Francia c’è la ministra dello sport, Valérie Fourneyron, mentre è assente polemicamente il ministro degli esteri, Laurent Fabius). Angela Merkel non va a Sochi, ma spiega che “sono cancelliera da 8 anni ormai e non sono mai andata ai Giochi Olimpici”. Dalla Germania non va pero’ neppure il presidente Joachim Gauck, che da quando è stato eletto non ha mai messo i piedi in Russia, malgrado le grandi intese economiche tra i due paesi. Il britannico David Cameron non ci sarà, adduce “problemi di agenda” e manda pero’ a rappresentare la Gran Bretagna la ministra che ha presentato la legge sul matrimonio gay. Analoga mossa della Norvegia: ci sarà il ministro della Sanità, Bent Hoeie (ufficialmente per i Giochi Paraolimpici), che è sposato con un uomo. Il Belgio non manda nessuna personalità di primo piano, cosi’ come la Polonia o l’Estonia. Infine, ci sono i paesi che saranno rappresentati ad alto livello. E’ il caso dell’Italia, con Enrico Letta. Per il presidente della Lettonia, Andris Berzins, scegliere il boicottaggio è un atteggiamento da “guerra fredda”. Stessa posizione dell’Olanda, presente con il re Willem Alexandre e il primo ministro Mark Rutte: “non siamo favorevoli al boicottaggio, pensiamo sia preferibile cercare il dialogo”. Il presidente della Slovacchia Ivan Gasparovic va a Sochi perché ritiene che l’ideale olimpico sia “la pace non il boicottaggio”. Stessa scelta per il presidente della Repubblica ceca, Milos Zeman. Ieri, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, in un discorso per la 126esima sessione del Cio, ha insistito sulla necessità di lottare contro ogni discriminazione degli omosessuali.