Il comunicato stampa della guardia di finanza, alle otto del mattino di ieri, è stato una scossa di terremoto alla quale ne sono seguite altre di assestamento, per tutta la giornata, investendo la Liguria e non solo. Le fiamme gialle hanno dato esecuzione a una serie di ordinanze di applicazione di misure cautelari nei confronti del presidente della regione Giovanni Toti, di Paolo Emilio Signorini, Aldo Spinelli, Roberto Spinelli, Mauro Vianello, Francesco Moncada, Matteo Cozzani, Arturo Angelo Testa, Italo Maurizio Testa e Venanzio Maurici. L’accusa, pesantissima, è di corruzione. Secondo gli inquirenti – le procure che da anni indagano sono quelle di Genova e della Spezia – alcune tra le figure influenti in ambito politico ed economico avrebbero messo in piedi un sistema di potere fatto di favori e tangenti intrecciando gli affari di amministrazione pubblica, Regione e Autorità portuale, ma anche aziende del porto e non solo: si va dalla maxi-concessione per gestire fino al 2051 il Terminal Rinfuse sotto la Lanterna alle facilitazioni per privatizzare una spiaggia pubblica per un’operazione immobiliare di lusso al via libera all’espansione dei supermercati Esselunga.

AL CENTRO DELL’INCHIESTA il presidente Giovanni Toti, leader di Noi Moderati ed ex delfino di Silvio Berlusconi, ma anche l’ex presidente dell’Autorità portuale di Genova e Savona, oggi amministratore delegato della multiutility Iren, Paolo Emilio Signorini (al quale sono state revocate temporaneamente le deleghe data l’«impossibilità temporanea» a esercitarle), nonché l’imprenditore “zar” del porto di Genova Aldo Spinelli, già presidente del Genoa. Toti, ora sostituito nelle sue funzioni dal vice presidente della Regione, Alessandro Piana, è agli arresti domiciliari, come Spinelli, mentre Signorini è stato portato in carcere a Marassi. Ai domiciliari anche Matteo Cozzani, capo di gabinetto di Toti, accusato del reato di corruzione elettorale aggravato dalla circostanza di cui all’art. 416-bis.1 del codice penale «al fine di agevolare» l’attività dell’associazione mafiosa Cosa Nostra, attraverso il clan Cammarata del Mandamento di Riesi a Genova. In questo filone di indagine sono indagati anche l’ex sindacalista della Cgil Venanzio Maurici, il consigliere regionale Stefano Anzalone e il consigliere comunale Umberto Lo Grasso, politici noti per avere militato in un ampio ventaglio di partiti da Italia dei Valori alla Margherita e appunto nel centrodestra.

DURANTE LA CAMPAGNA per le regionali del 2020 figure vicine alla comunità siciliana riesina (i gemelli Testa, esponenti di Forza Italia in Lombardia sospesi ieri dal partito, e Maurici), secondo gli inquirenti, avrebbero portato voti ai totiani in cambio della promessa di posti di lavoro e dell’assegnazione di case popolari.

LA MAXI INDAGINE, coordinata direttamente dal procuratore Nicola Piacente insieme agli aggiunti Francesco Pinto e Vittorio Ranieri Miniati e ai sostituti Luca Monteverde e Federico Manotti, è partita nel 2020 da un’ipotesi di corruzione elettorale formulata dalla procura della Spezia e coordinata da procuratore capo Antonio Patrono e dalla sostituta Elisa Loris. È stata proprio la Procura della Spezia a trasmettere gli atti a quella genovese. Atti che sono stati passati ora anche alla commissione parlamentare antimafia. Gli indizi a carico degli indagati sono stati raccolti grazie a intercettazioni e attività di pedinamento e osservazione.

SECONDO GLI INQUIRENTI, Toti avrebbe accettato 74mila euro dagli Spinelli per agevolare la trasformazione di una spiaggia da pubblica a privata nell’ambito dell’operazione immobiliare sulla ex Colonia Bergamaschi a Celle ligure, inoltre avrebbe facilitato la concessione di spazi portuali alle loro società. Lo stesso avrebbe fatto Signorini in cambio di denaro in contati e in carte di credito, soggiorni in hotel di lusso e puntate al casinò di Monte Carlo. Altri regali li avrebbe ricevuti dall’imprenditore vicino al centrosinistra Mauro Vianello, presidente dell’Ente Bacini.

AL PRESIDENTE della Regione Liguria, e a Cozzani, viene contestato anche di avere accettato la promessa di Francesco Moncada, consigliere di amministrazione di Esselunga, di un finanziamento illecito attraverso il pagamento occulto di alcuni passaggi pubblicitari sul pannello luminoso del grattacielo più alto del centro di Genova, gestito dall’editore di Primocanale Maurizio Rossi a fronte dell’impegno di sbloccare le pratiche per l’apertura di due supermercati Esselunga a Sestri Ponente e Savona. Anche Maurizio Rossi, ex senatore, è indagato.