La discussione e il dibattito sulla riforma Fornero, sul mercato del lavoro e sul sistema previdenziale, dovrebbe declinare la dizione «stato sociale». Il 20 dicembre a Milano, alle 11 presso la sala della Provincia in via Corridoni 16, un gruppo di Rsu avvia una discussione proprio sulla riforma Fornero, dimostrando una volta di più come i lavoratori siano degli economisti più seri degli «economisti» (Keynes).

Potrebbe anche essere un ottimo punto di partenza per ri-affermare lo scopo principale dello stato sociale, cioè quello di rimuovere i fallimenti del mercato. Più precisamente quello di declinare il diritto liberale positivo, cioè «libertà da» e «libertà di». La «libertà da» è la libertà dal bisogno: solo chi è liberato dal bisogno può diventare protagonista della propria vita; la «libertà di», invece, interessa la possibilità di intraprendere, nei limiti della libertà di altre persone.

La riforma previdenziale e del lavoro targata Fornero intacca la matrice stessa dello stato moderno. Infatti, la sanità, la scuola, la previdenza, sono pubbliche non per una scelta relativa al primato del pubblico sul privato, ma perché la gestione pubblica è meno onerosa di quella che si determinerebbe sul mercato. Dal lato del lavoro, invece, il contratto tra datore e prestatore di lavoro non è uguale ai normali rapporti tra contraenti, avendo un contenuto e una ratio speciale, derogatoria, perché le due parti in causa sono, per definizione, in posizione di disparità sostanziale.

Ecco perché il diritto del lavoro si configura come diritto «diseguale», cioè tendente a riportare un minimo di equilibrio tra parti dotate di diverso potere nella conclusione del contratto e nella conduzione del rapporto. Le norme che regolano il rapporto di lavoro hanno, dunque, una funzione specifica, accettata dalla scienza giuridica e riconosciuta dalla giurisprudenza: assicurare una parità sostanziale, almeno nei rapporti giuridici, tra soggetti che si trovano invece in una condizione di disparità.

Lo stato sociale moderno dovrebbe riappropriarsi e riassumere i tratti di un progetto di società. Più che alla fine dello stato sociale, bisogna ripensare il modello rispetto alle finalità che la società si vuole dare. Se la finalità è l’individuo nella sua pienezza, come indicato da Norberto Bobbio o Luigi Einaudi, è necessario un allargamento dello stato sociale, cioè un allargamento del benessere.
Il punto di arrivo di una società liberale è che tutti, ricchi o poveri, quando nascono, devono avere le stesse opportunità; diversamente non ci sarebbe una società liberale.

L’iniziativa delle Rsu di Milano pone anche un problema economico. Se la crisi italiana è di struttura, cristallizzare il mercato del lavoro via allungamento dell’attività lavorativa, comporta un rallentamento del necessario ringiovanimento della forza lavoro. Un passaggio indispensabile per riconvertire un tessuto produttivo a basso valore di conoscenza.

Ancora una volta i lavoratori, come sosterrebbe Keynes, si mostrano più lungimiranti dei datori di lavoro.