«Non è la fine della sinistra, è la fine di un gruppo dirigente della sinistra. Stiamo cambiando i giocatori, noi non stiamo andando dall’altra parte del campo». La bandiera del Pci consegnatagli sabato in piazza da un anziano militante a Empoli era stato un gesto profetico, il simbolo della giornata di oggi. Matteo Renzi stravince le primarie del Pd, in una consultazione in cui l’affluenza – sulla quale non ci saranno subito dati ufficiali, come annunciato in serata dal responsabile dell’organizzazione Davide Zoggia – ha ribaltato il pronostico e dovrebbe raggiungere, alla fine, i 2milioni 700mila votanti.  Ed è una valanga per il sindaco di Firenze. Mentre nella notte lo spoglio va avanti,  Renzi si consolida al 68 per cento. Gianni Cuperlo lo guarda di lontano al 18 per cento, e poco più dietro si ferma Pippo Civati,  intorno al 14.

Renzi va benissimo nelle (ex) regioni rosse: in Emilia Romagna raccoglie il 71 per cento, in Toscana il 78, in Umbria il 76. I renziani vincono le sfide un po’ ovunque: a Roma, dove il congresso del partito aveva visto prevalere Cuperlo. A Foggia, dove il renziano Ivan Scalfarotto prende quasi il doppio dei voti di Massimo D’Alema.

Già alle dieci di sera quando lo scrutinio aveva da poco traguardato il 10 per cento dei voti espressi, Cuperlo ammette la sconfitta, più cocente delle più tiepide previsioni.  «La sconfitta è interamente mia», ha detto con eleganza,  ma subito ha assicurato che non c’è scissione alle viste, anzi ha invitato i suoi sostenitori a non allontanarsi dal Pd: «La sinistra ha una storia interamente nuova da scrivere per tante ragioni e dobbiamo ripartire da qui dopo questa giornata così preziosa. Ci sono due stazioni: quelle dove i binari finiscono e quelle dove i treni si fermano per poi ripartire. Siamo a metà del viaggio. Il treno scelto è il nostro treno e non scenderà nessuno. Lavoreremo in spirito unitario ma  – ha sottolineato – non rinunceremo alle nostre idee». Anche Civati, dal centro congressi di via dei Frentani di Roma, dove aveva istallato il suo comitato, ha fatto i complimenti al vincitore: «La sinistra c’è» e il Pd è «ancora un partito di sinistra». « E non ha rinunciato a pungolare Renzi: «Con questo gruppo dirigente possiamo vincere le elezioni»,  «anzi, direi che possiamo persino farle». Cosa resta della ‘sinistra’ ex ds e come farà il sindaco a convivere con il governo delle larghe intese  mantendo il favore che ieri ha raccolto (le elezioni non sono all’orizzonte, nonostante la campagna di ultimatum a Letta dello stesso Renzi) sono i temi dell’immediato futuro del partito.

Ma per ora è il discorso di Renzi, dall’Hobihall di Firenze, a disegnare da subito il prossimo Pd. Legge elettorale bipolarista e taglio dei costi della politica di un miliardo di euro sono le prime due promesse del nuovo segretario. Ma il nuovo segretario assicura che «il meglio deve ancora venire. Da domani ci divertiamo».  Annuncia con ironia lo scioglimento della sua corrente:«Mi avete dato la fascia di capitano, io non farò passare giorno senza lottare su ogni pallone». Renzi punta tutto sulla «nuova generazione» e sul cambiamento. «Abbiamo la peggiore classe dirigente degli ultimi 30 anni». «Abbiamo avuto questi voti per scardinare un sistema. Non può bastare essere iscritto al club degli amici per amici per avere un ruolo. Noi non sostituiremo quel gruppo dirigente con un altro gruppo dirigente. I voti che abbiamo avuto sono per scardinare il sistema non per cambiare i loro, con i nostri».

Stamattina il nuovo segretario è atteso a via del Nazareno, dove potrebbe annunciare la nuova segreteria – nei giorni scorsi ha detto di averla già in mente, sei uomini e sei donne – e già in tarda mattinata convocare la sua prima conferenza stampa dalla tolda di comando del ‘palazzo’ in cui – ha già promesso – non starà spesso. Visto che intende restare sindaco della sua città e non prendere neanche casa a Roma. Firenze torna capitale, come nel regno sabaudo.