È una curiosa coincidenza che, nel giorno in cui il ministro dell’Interno Angelino Alfano annuncia dalle colonne del Messaggero un «piano sicurezza» che promette di ripulire Roma da ambulanti, abusivi e manifestanti, un editoriale del Corriere della Sera proponga il divieto preventivo delle proteste che non diano garanzie di essere «pacifiche e senza armi». Si tratta di una proposta che avrebbe un che di inquietante se a sostenerla non fosse un giornale che si ritiene liberale, al pari del suo estensore.

Il pretesto è quanto accaduto nella manifestazione contro l’austerity del 12 aprile: la guerriglia urbana e soprattutto il coro di accuse alle forze dell’ordine, ancora una volta incastrate dalla prova televisiva come un calciatore scorretto qualsiasi. Ma l’obiettivo è il prossimo corteo, indetto per il 17 maggio, a una settimana dalle elezioni europee. Che fare, dunque? Rendere identificabili gli agenti come nel resto d’Europa, in modo da dissuadere teste calde e mele marce da gesti non previsti da nessun regolamento? Incalzare una politica assente a dare qualche risposta concreta al malcontento sociale che, inutile far finta di niente, si fa sempre più fatica a contenere e nascondere? Al contrario, per il quotidiano di via Solferino «non c’è eccesso di reazione delle forze di polizia che non sia una reazione. Dobbiamo dunque impedire in primo luogo l’azione», anche perché, è il secondo argomento a sostegno del divieto, non si può manifestare illegalmente in difesa dell’illegalità, per giunta.

La piazza del 12 aprile, a chi l’ha osservata da vicino, ha impressionato per motivi opposti rispetto a quelli che inquietano l’editorialista del Corsera Antonio Polito. Per la sua composizione sociale, innanzitutto: immigrati come il quarantacinquenne peruviano che si è fatto saltare una mano con un petardo, giovani cui il nostro Paese non è in grado di promettere alcunché e condannati ad arrangiarsi o a emigrare. Molti di loro provenivano da case occupate e urlavano slogan contro un articolo della legge Lupi che, per Polito, «statuisce l’ovvio», vale a dire che gli occupanti non possono allacciarsi ad acqua e corrente elettrica.

Viene da chiedersi in che Paese immaginano di vivere, alcuni autorevoli commentatori, e come facciano a non rendersi conto che oggi, in Italia, per migliaia di persone occupare un edificio abbandonato rappresenta l’unica alternativa alla strada e che nessuna legge statuisce un’altra ovvietà: che tutti avrebbero diritto di non avere per riparo la luna. Siamo sicuri che chiedere di proibire preventivamente le manifestazioni, a partire da quella del 17 maggio, non sia miope, ancor prima che dispotico?