Domani inizia alla Camera la discussione sulla mozione di oltre 160 deputati (di Sel, M5S, Pd e Scelta civica) che chiede l’interruzione della partecipazione italiana alla costruzione e acquisizione di 90 cacciabombardieri F35.
Si tratta di una iniziativa che risponde alla sollecitazione della campagna «Taglia le ali alle armi» (formata da Sbilanciamoci, Rete Disarmo e Tavola della Pace) che ormai da quattro anni chiede lo stop agli F35. Ha promosso centinaia di iniziative, raccolto più di 80mila firme e sostenuto l’approvazione di mozioni e ordini del giorno di comuni, province e regioni contro gli F35. La campagna ha proposto un appello – pubblicato nei giorni scorsi da questo giornale – sottoscritto da Roberto Saviano, Gad Lerner, Ascanio Celestini, Umberto Veronesi e molti altri. E domani alle 18.00 sarà in presidio a Piazza Montecitorio per chiedere ai parlamentari di votare contro gli F35.
I principali leader politici (Bersani, Renzi, Olivero, Berlusconi) hanno preso posizione, durante la campagna elettorale, a favore di un radicale ripensamento del programma dei cacciabombardieri. I partiti delle larghe intese, finita la campagna elettorale, sembra ci abbiano rinunciato, schierandosi per la continuazione del programma. I partiti della maggioranza stanno faticosamente richiamando all’ordine i deputati che si sono schierati con i pacifisti. Ora, il ministro della Difesa Mauro ha definito gli F35 «strumenti di pace» e recentemente – al congresso aerospaziale a Parigi – ha riaperto la possibilità, «se il Parlamento lo vuole», di riportare da 90 a 131 il numero di cacciabombardieri.
Si tratta di una scelta deleteria, che costa miliardi di euro a un paese in ginocchio, che avrebbe bisogno come il pane di quelle risorse per combattere la disoccupazione, aiutare le imprese, salvaguardare i redditi delle famiglie. Ed è una scelta che contrasta con la nostra Carta costituzionale e con la Carta dell’Onu.

Si tratta di “strumenti di guerra” capaci di trasportare ordigni nucleari e è sferrare il first strike contro il nemico.
Si sono dette tante bugie sugli F35. Che dobbiamo pagare penali se usciamo dal programma: falso. Che portano 10mila postidi lavoro. Falso, al massimo 600. Che hanno un ritorno economico superiore al l’investimento. Falso, al massimo del 20%. Che non abbiamo alternative. Falso: abbiamo gli Eurofighter, gli Harrier, i Tornado che -se adeguati allo scopo- risponderebbero benissimo alle esigenze operative. Che sono degli aerei tecnologicamente quasi perfetti. Falso: basta che ci sia un temporale, perché debbano atterrare. Che non è possibile lasciare il programma. Falso, l’hanno già fatto Canada, Australia, Norvegia.

E’ possibile invece fare un’altra scelta. Quella di archiviare l’avventura degli F35 e di costruire un sistema di difesa sufficiente fondato sulla sicurezza comune, il disarmo, la cooperazione. Un sistema che non ha bisogno ne’ di interventismo militare ne’ di F35, ma di essere fedeli alla lettera della Costituzione e alla Carta delle Nazioni Unite. Un sistema che ha bisogno di essere radicalmente riformato riducendo di un terzo gli organici delle Forze Armate, dimezzando i sistemi d’arma, evitando ogni interventismo militare al servizio degli interessi degli Stati Uniti e della Nato.
La vicenda F35 acquista dunque un valore paradigmatico di fronte alla crisi che stiamo vivendo. Il governo e la maggioranza che lo sostiene ci devono dire quali sono le priorità: i cacciabombardieri o il lavoro? La risposta per noi e’ chiara e se ne rendono conto, ormai, in tanti. Si tratta di ridurre le spese militari per avere le risorse per affrontare la crisi con misure adeguate. Si tratta di riconvertire l’industria militare per un’economia civile al servizio di cittadini. Invece di F35 bisogna costruire Canadair per spegnere gli incendi, invece di elicotteri da combattimento, flottiglie per l’elisoccorso, invece di sistemi di puntamento, apparecchiature di precisione per i servizi di radiologia. Riconvertire si puo’ e si creano molti posti di lavoro in più. Questa, dunque, la posta in gioco alla Camera domani: abbandonare gli F35 per pensare all’Italia.

* deputato di Sel