Possono le donne tacere di fronte allo spettacolo del potere che va in scena in questi giorni? Le donne, le femministe che durante la discussione della legge elettorale si sono mobilitate per ottenere regole che garantiscano la democrazia paritaria, possono accontentarsi di reclamare il 50 e 50 nella composizione del nuovo governo?

Noi sentiamo il bisogno di andare oltre. La posta in gioco di questi giorni ci sembra riguardare la stessa politica. Abbiamo assistito a una crisi extraparlamentare, provocata da un partito che, in ragione di un nuovo leader, ha dimissionato un premier che viene dalle proprie fila. Abbiamo appreso che il nuovo Presidente del Consiglio punta al 2018, anno di scadenza della legislatura, governando con la stessa maggioranza che, a causa della mancata vittoria di uno degli schieramenti alle elezioni politiche, aveva dato vita ad un governo di emergenza. Adesso quella maggioranza eterogenea dovrebbe propriamente diventare politica, non in forza di un mandato elettorale, ma della capacità e della giovinezza del nuovo leader.

Probabilmente non è stato violato nessun dettato costituzionale e nessuna regola formale è stata infranta, ma a noi resta l’amara impressione che le classi dirigenti maschili di questo paese stiano minando la scarsa credibilità che ancora è rimasta alla politica, bistrattata da anni di scandali e di uso proprietario e personalistico del potere.

La concitazione con cui tutto questo è avvenuto rende ancora più evidente che è in atto una crisi della politica maschile. Non lo diciamo per chiamarcene fuori: quella scena è anche la nostra scena, le donne ormai ne fanno parte, anche se troppo spesso mancano parole femminili capaci di segnarla in modo differente. Nei giorni scorsi Lucia Annunziata e Ida Dominijanni hanno scritto cose illuminanti in proposito. Dal nostro punto di vista, i modi ben poco ortodossi, le forzature e l’aggressività verbale di questi giorni mostrano che la capacità maschile di gestire i conflitti come conferma e rinforzo della propria identità e di quella del proprio avversario ha lasciato il campo ad una distruttiva e fratricida lotta per il potere. Qualcosa che ricorda l’orda primordiale, scatenata non contro il padre patriarca ma contro i propri stessi fratelli, cannibalismo intragenerazionale.

Non sono buone notizie per le donne. Se salta il patto democratico, se si regredisce allo stato di natura, alla bruta legge del più forte, all’indifferenza del merito, anche per le donne va malissimo.

Sentiamo il bisogno di parole femminili che si confrontino con questa verticale crisi della rappresentanza, e dunque vadano oltre la richiesta del 50 e 50. Non possiamo assistere in silenzio a tutto questo: per qualche strano paradosso, potremmo anche ottenere questo importante strumento della democrazia paritaria, ma non ci sarebbe più un contesto in cui usarlo; sarebbe come trovarsi tra le mani la chiave di volta ma senza pilastri, senza pietre, senza un arco in cui incardinarla.