I governi socialisti dell’America latina si mobilitano contro le ingerenze esterne. Sotto accusa l’attività di alcune ong, volte a influenzare gli affari interni dei paesi e non a fornire aiuti allo sviluppo. In questi giorni, in Bolivia è toccato alla danese Ibis, espulsa perché metteva in atto «politiche intollerabili» contro il paese andino seminando «divisioni tra gli indigeni». Il 1 maggio, il presidente Evo Morales aveva annunciato in piazza l’espulsione dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (Usaid, nella foto Reuters), per analoghi motivi. Subito dopo la prima elezione di Morales, nel 2006, l’Agenzia aveva fatto sapere di non gradire il corso che avrebbero preso gli aiuti destinati al paese, che infatti sono progressivamente calati dai 131,1 milioni di dollari erogati nel 2008 a 96 milioni di dollari nel 2011. Documenti di Wikileaks e poi di Snowden hanno poi gettato nuova luce sulle ingerenze dell’Usaid e sull’attitudine del Pentagono verso quei governi che non accettano di considerarsi suo «cortile di casa».
Anche l’Ecuador, che ospita circa 180 ong straniere, sta adottando un atteggiamento analogo. Correa ha annunciato che congelerà i progetti con l’Usaid fino alla firma di nuovi accordi bilaterali e che rinuncerà ad alcuni programmi «poco trasparenti». L’Usaid ha fatto sapere che se ne andrà dal paese a marzo: «Non gli chiederemo di tornare – ha affermato Correa – siamo abbastanza grandicelli perché la Usaid non debba venire a insegnarci la democrazia, lo sappiamo fare e probabilmente meglio di loro. Non siamo colonia di nessuno». L’Ecuador riceve circa 300 milioni di dollari in aiuti esterni, 30% dei quali provenienti da ong straniere, 45% dalle cooperazioni bilaterali tra governi, e il resto da organismi multilaterali. L’estate scorsa, durante la crisi scoppiata a seguito del Datagate – quando l’Ecuador, dopo aver concesso l’asilo politico al fondatore di Wikileaks Julian Assange ha annunciato di volerlo concedere anche a Edward Snowden-, gli Usa hanno minacciato di chiudere i rubinetti degli aiuti e annullare gli accordi commerciali. Correa ha reagito con lo stesso tono.
Atteggiamento ancora più drastico, quello del Venezuela bolivariano, dove le ong straniere non sono gradite. I funzionari Usa, presenti nel paese, hanno dovuto andarsene dopo la scoperta di alcuni video che li mostravano in combutta con frange golpiste dell’opposizione. A capo di quella delegazione c’era una vecchia volpe della Cia, Kelly Keiderling, per anni di stanza a Cuba con piani dello stesso tenore. Nei confronti di Cuba, l’Usaid non ha cambiato registro. Grazie a un errore nella trasmissione di documenti segreti, inviati per via ordinaria, è ora venuto alla luce un nuovo piano destabilizzante organizzato dai funzionari della Sezione interessi degli Usa all’Avana, il Sol-Oaa-13-000110, lanciato il 10 luglio del 2013: oltre sei milioni di dollari per finanziare il lavoro di circa 20 organizzazioni anticastriste che avevano richiesto fondi per «distruggere il regime comunista». Il piano mostra in dettaglio i metodi usati negli ultimi anni per destabilizzare il governo cubano sulla scia della legge Helms-Burton, approvata dal Congresso Usa nel 1996 per rafforzare il micidiale bloqueo contro la piccola isola. Nella sezione 109, la legge autorizza il governo a «portare assistenza e a dare appoggio a persone e organizzazioni non governative indipendenti in favore degli sforzi di democratizzazione di Cuba», eufemismo che dà fondamento legale alle ingerenze Usa attraverso la sua più diretta agenzia, la Usaid, tristemente nota in tutto il continente latinoamericano.