Cento passi, o poco più, dividono l’astronave della stazione Tiburtina dalle Officine Zero (Oz), l’ex fabbrica di manutenzione dei treni Notte in via Partini a Roma. Mille passi, e un ponte sospeso sui binari, e si cambia d’epoca.

Da un lato, la bomba urbanistica della stazione più disabitata d’Europa, attorno alla quale cresce un palazzone immenso: la nuova sede della Banca Nazionale del Lavoro che porterà all’imbocco della Tiburtina, direzione San Basilio e Rebibbia, migliaia di persone e macchine. Dall’altro lato, c’è via di Portonaccio, un’arteria multiforme che inizia stretta come un budello a ridosso della ferrovia. A cinquecento metri, poco dopo i grigi depositi dell’Atac, sulla destra c’è un corridoio ornato di graffiti che porta ai cancelli del nuovo mondo di Oz.

Le officine ex Rsi, occupate il 20 febbraio 2012 dagli operai in cassa integrazione, dal primo giugno 2013 hanno visto nascere un’innovativa esperienza di economia collaborativa che oggi, due anni dopo, intreccia un progetto di riuso e riciclo con il coworking e il co-housing.

Il futuro del mutualismo
Diciasettemila metri quadri di capannoni, laboratori, mense e un parco dove operai e freelance, studenti e reti sociali condividono un sogno ispirato al mutualismo e alla collaborazione. Trasformare i laboratori di tappezzerie, falegnameria o verniciatura che un tempo servivano alla manutenzione dei treni in spazi per la riparazione e produzione di arredi o di elettrodomestici.

La palazzina che ospitava gli uffici dell’azienda viene usata come coworking da giornalisti, grafici, video-maker o fotografi. In quella che ospitava l’abitazione del custode ci sono gli studenti di Mushrooms che hanno ultimato l’auto-recupero, sfuggendo al caro-affitti nella città universitaria più cara del paese. La mensa aziendale oggi alimenta i coworkers e gli artigiani che frequentano i capannoni e le officine nel grande parco.

Questo spazio reinventato dall’intelligenza collettiva di cittadini, precari e lavoratori accoglie anche le riunioni delle Camere del lavoro precario e autonomo (Clap) una singolare esperienza di auto-organizzazione sindacale delle partite Iva a Roma.

Tra vagoni sospesi, binari, carrucole e scale, il futuro emerge tra un non-ancora e un non più. Come in un’epifania oggi spuntano i tratti di un’economia auto-gestita su basi solidali da lavoratori e cittadini senza distinzioni.

PAZZA IDEA .Il documentario che racconta la nascita del progetto Officine Zero, OZ

Storia di un’asta
Dal 15 novembre il sogno di Oz è a rischio. Dopo la recente vendita della filiale di Lecco della ex RSI, la curatela fallimentare delle Officine ha messo in moto le procedure che porteranno all’asta sui beni mobili e immobili.Prezzo di partenza: più di due milioni di euro. Ad oggi non ci sono state manifestazioni di interesse per l’area, ma a breve potrebbe iniziare l’iter dell’asta. I lavoratori e i coworkers stanno promuovendo su change.org l’appello «OZ-Officine Zero – Non si chiude con l’asta» che ieri ha ricevuto la firma della giornalista canadese Naomi Klein, già regista del documentario “The Take” sui lavoratori che hanno recuperato le fabbriche in Argentina.

«Il riuso, la trasformazione, la rottura dello schema tradizionale prodotto-consumo-rifiuto sono l’anima di questo progetto – si legge nella petizione sottoscritta da attivisti, urbanisti, accademici, attori, sindaci – in linea con le nuove indicazioni strategiche europee in materia di prevenzione ambientale ed uso efficiente delle risorse. Questo fa di OZ un prototipo innovativo di riconversione produttiva ed ecologica, riconosciuto e studiato a Roma e in molti paesi del mondo, grazie alla fitta rete di realtà incontrate in campo lavorativo, istituzionale e accademico e grazie al sostegno dei movimenti sociali che lo accompagnano dalla nascita».

Alla regione Lazio e a quel che resta del comune di Roma i sostenitori del progetto di Oz e i firmatari della petizione chiedono di individuare un dispositivo, giuridico o politico, per superare lo scoglio della proprietà dell’area nel popoloso quartiere di Casal Bertone. Si propongono forme di acquisizione pubblica o di affitto temporaneo che possano dare gambe a un’originale esperimento di «sharing economy».

Quanto a loro, i lavoratori vecchi e nuovi si stanno organizzando in una cooperativa per permettere al lavoro creato dal 2013 di emergere definitivamente. Ci sono a disposizione diversi strumenti legislativi: la legge regionale sulla riconversione ecologica e produttiva delle aziende che contiene anche norme sul «workers buy out» per permettere ai lavoratori di essere soggetti attivi della riconversione; i bandi europei sul coworking, sostenibilità ambientale e sulla riqualificazione delle aree industriali.

«Chiediamo alla Regione e al Comune di Roma di dare continuità agli impegni presi – scrivono – Scongiurando lo sgombero, tutelando il futuro occupazionale dei lavoratori e il progetto di riconversione». Giovedì prossimo, 26 novembre, Oz ospiterà l’assemblea di lancio della campagna.

Per un’altra «sharing economy»
Il progetto di rigenerazione di Oz potrebbe essere paragonabile all’ex Ansaldo di Milano: la fabbrica di oltre settantamila metri quadri in uno dei quartieri alla moda tra Via Tortona e Via Bergognone e Porta Genova. Sostenuto dal comune, alla ricerca di una partnership privata, lo spazio ospiterà coworking, residenze d’artista, start up e fablab. A Roma si vuole sperimentare un altro modello: la rigenerazione è un progetto concepito dal basso, con l’esperienza associativa dai lavoratori e da un poliedrico percorso di invenzione istituzionale. Siamo arrivati al penultimo miglio. Non bruciate questo sogno.

IL FILM: Occupy, Resist, Produce – Officine Zero, di Dario Azzellini e Oliver Ressler, 2015‬