Per la pace servono le armi. Un discorso a tesi quello di Giorgio Napolitano nel suo ottavo 25 aprile. «La Resistenza – ha detto il capo dello stato ricevendo al Quirinale le associazione partigiane – fu un grande moto civile e ideale, ma fu innanzitutto popolo in armi». Riconoscimento importante di quanto fu ampia la partecipazione popolare alla guerra di liberazione. Ma soprattutto premessa alla parte conclusiva del discorso, dove dalla memoria il presidente passa all’attualità. «Tutte le risorse della diplomazia» sono certo importanti «dinanzi ai molteplici focolai di tensione e di conflitto», ha detto Napolitano, «ma certo non possiamo sottovalutare la necessità di essere in grado di dare un concreto apporto sul piano militare».

Discorso molto «obamiano», nel senso delle richieste che il presidente degli Stati Uniti ha fatto agli alleati europei nel corso della sua recente visita in Europa, con tappa a Roma e assai cordiale incontro al Quirinale. «Siamo preoccupati per la riduzione delle spese per la difesa di alcuni stati – disse allora Obama -, la libertà non è gratis». Un riferimento non esplicito ma chiaro ai tagli programmati un po’ ovunque (ma anche negli Usa) al costosissimo programma Joint Strike Fighter, cioè alle commesse dell’americana Lockheed Martin. Lo stesso riferimento si è colto nelle parole di ieri di Napolitano. Che, dopo un immancabile saluto ai fucilieri di marina «detenuti» nell’ambasciata italiana in India che, addirittura, «fanno onore all’Italia», ha sì riconosciuto l’esigenza di «razionalizzare le strutture e i mezzi militari». Ma ha invitato a farlo «sollecitando il massimo avanzamento di processi di integrazione al livello europeo». E dunque «senza indulgere a decisioni sommarie che possono riflettere incomprensioni di fondo e perfino anacronistiche diffidenze verso lo strumento militare, vecchie e nuove pulsioni demagogiche antimilitariste». Discorso assai comprensibile soprattutto se si ricordano i precedenti interventi del Quirinale e del Consiglio supremo di difesa (convocato e presieduto dal capo dello Stato) contro il parlamento che immaginava di tagliare il programma degli F35.

Un piccolo taglio è stato in qualche modo annunciato dal presidente del Consiglio, che nella conferenza stampa di presentazione del decreto sul bonus Irpef aveva parlato di uno «slittamento» del programma F35 e di un risparmio di 150 milioni. Nel testo del decreto firmato da Napolitano e pubblicato in Gazzetta ufficiale non c’è alcun riferimento ai caccia americani, ma la difesa è comunque chiamata a dare il maggior contributo ai risparmi: 400 milioni. L’ultimo consiglio supremo della difesa, il primo con Matteo Renzi, aveva evitato lo scontro con il parlamento che grazie alla legge del 2012 di riforma dello strumento militare (e in particolare all’articolo 4 che contiene il cosiddetto «lodo Scanu») è titolare dell’ultima parola in fatto di investimenti nei programmi pluriennali. Rinviando tutto, dunque anche i tagli ai caccia, al prossimo «Libro bianco» che dovrebbe fare il punto sulle esigenze della difesa.

Un lavoro che però è già stato fatto dalla commissione difesa della camera, che a inizio maggio è in condizione di chiudere la sua indagine conoscitiva sui sistemi d’arma. Il Pd ha prodotto una relazione che propone non la cancellazione, ma un forte ridimensionamento del programma F35, vale a dire un sostanziale dimezzamento degli ordini dei caccia, al momento 90 e ognuno dal costo di oltre cento milioni. La ministra della difesa Pinotti in questi mesi ha alternato dichiarazioni favorevoli al ridimensionamento del programma a dichiarazioni contrarie, ieri si ècongratulata con Napolitano e non ha ravvisato alcun riferimento agli F35 nelle parole del presidente. Parole invece criticate dal Movimento 5 Stelle, perché «stonate e fuori da ogni sentimento popolare». Mentre il deputato democratico Giampiero Scanu, capogruppo in commissione difesa, si è detto ottimista sull’«ampia condivisione se non addirittura unanime accoglimento» da parte dell’assemblea Pd del documento che propone il taglio agli F35. L’assemblea si riunirà il 6 maggio, il giorno dopo è previsto il voto in commissione.