L’Italia ha negligentemente ritardato l’adozione di misure preventive e di precauzione per contenere i rischi derivanti dall’esposizione alle emissioni inquinanti prodotte dall’Ilva di Taranto, in violazione degli obblighi imposti dal diritto internazionale ed europeo. Quasi assente, o inefficace, è stata anche la risposta sanzionatoria nei confronti della condotta dell’azienda e dei propri dirigenti. E ciò nonostante l’adozione, nel 2016, di un Piano Nazionale per l’attuazione dei Principi Guida internazionali su imprese e diritti umani.

È questa in sintesi la denuncia del rapporto realizzato dalla Federazione Internazionale dei Diritti Umani (Fidh) assieme all’Unione forense per la tutela dei diritti umani e all’associazione Human Rights International Corner (Hric) e a PeaceLink, presentato ieri a Roma presso la Federazione Nazionale Stampa Italiana.

«La gravità dell’impatto di Ilva sulla popolazione non lascia dubbi sulla violazione di diritti inalienabili quali il diritto alla vita, alla salute e a vivere in un ambiente sano, riconosciuti dalla Costituzione ma anche dal diritto internazionale e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo» ha affermato Anton Giulio Lana, presidente dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani.

Il report sottolinea come il bilanciamento tra interessi economici e occupazionali e tutela dei diritti fondamentali, non può essere unicamente a discapito di questi ultimi. «Uno stato di diritto ha il dovere e la responsabilità di porre in essere tutte le misure idonee a tutelare efficacemente tali diritti» ribadisce Dan Van Raemndonck, segretario generale della Fidh.

Secondo le associazioni, la relazione «mette in luce la negligenza da parte del governo italiano nello scandalo Ilva, la più grande acciaieria d’Europa. Le conseguenze dannose delle attività di Ilva erano infatti note al governo italiano sin dagli anni ’90». Pertanto nel report si chiede al governo italiano di «proteggere, rispettare e dare attuazione ai diritti umani nei confronti di violazioni perpetrate dalle imprese, come sancito dal diritto internazionale, e di adottare senza ritardo, tutte le misure necessarie a limitare il prodursi del danno ambientale legato alle attività produttive dell’Ilva e a prevenire la formazione di ulteriori danni nell’esclusivo interesse della popolazione di Taranto». In mancanza di un rapido intervento da parte delle autorità competenti, nazionali e locali, Fidh e Uftdu presenteranno un reclamo al Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa per far dichiarare «le violazioni del diritto alla salute dei cittadini di Taranto e del diritto dei lavoratori ad avere condizioni di lavoro sicure e non nocive, sanciti nella Carta sociale europea di cui l’Italia è firmataria».

Inoltre ieri Peacelink Taranto ha chiesto che venga condotta un’indagine epidemiologica per i lavoratori che hanno lavorato nel reparto cokeria dell’Ilva di Taranto. Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink Taranto, è intervenuto in videoconferenza alla presentazione del report. «Tutelando la salute dei lavoratori si può proteggere l’intera della città. Se la salute dei lavoratori è a rischio, sono a rischio anche i cittadini e i bambini di Taranto» ha dichiarato. Sottolineando come la popolazione tarantina meriti un’attenzione e una tutela speciale a livello internazionale, e come sia stata particolarmente grave la scelta di garantire l’immunità penale a chi gestirà l’Ilva fino al 2023.
Infine, Peacelink ha proposto insieme alle altre associazioni, di adottare misure urgenti per i bambini, con un piano di ricollocamento delle scuole elementari e medie del rione Tamburi di Taranto adiacente all’acciaieria, fornendo agli alunni un servizio di trasporto gratuito e di sostenere e incentivare attività economiche alternative per favorire uno sviluppo alternativo all’industria siderurgica.