Con due sentenze del 12 dicembre la Corte di Giustizia europea con sede in Lussemburgo ha bocciato la legislazione italiana che nega il riconoscimento delle tutele dei precari della pubblica amministrazione. La prima ordinanza, chiamata con il nome del ricorrente «Carratù», riguarda un contenzioso con le Poste. Azienda ormai privatizzata, che si permette di entrare nel capitale azionario di Alitalia versando 75 milioni di euro, le Poste si comportano come qualsiasi altra amministrazione statale che assume un esercito di circa 250 mila lavoratori a cottimo: licenzia e riassume con contratti precari 133 mila persone nella scuola, 30 mila nella sanità, fino a 80 mila nelle regioni e negli enti locali.

Confermando una tesi del Tribunale di Napoli, la Corte europea sostiene che lo Stato italiano è il datore di lavoro di ultima istanza e quindi deve rispettare la direttiva 70 del 1999 della Commissione Europea che proibisce a tutti gli stati membri dell’Unione di rinnovare i contratti precari oltre 36 mesi, cioè tre anni. Lo Stato italiano deve quindi provvedere a stabilizzare direttamente i precari e questo vale per tutti i livelli dell’amministrazione.

Per quanto riguarda la seconda sentenza, chiamata «Papalia», riguarda un maestro della banda musicale del comune di Aosta, precario da 30 anni. «Questa sentenza può essere estesa per analogia a tutto il territorio nazionale – sostiene Marcello Pacifico, presidente del piccolo e combattivo sindacato Anief – il caso esaminato è equiparabile a quello dei 250 mila precari storici della P.a. Che hanno già svolto almeno 36 mesi di servizio».

La Corte europea ha ribadito che deve essere applicato il decreto 368 del 2001, emanato per recepire la direttiva europea, e mai da allora applicato. Perché lo Stato, come qualsiasi altra azienda alla ricerca della scorciatoia per non assumere e prolungare all’infinito lo sfruttamento di lavoro intermittente, senza tutele pensionistiche e per la disoccupazione, ha modificato il testo del decreto nel 2007. Ciò ha provocato l’apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea nel 2010 per quanto riguarda il personale amministrativo (Ata) nella scuola.

Nel 2012 ne è stata aperta un’altra per tutti i docenti precari. Nel corso del 2013, infine, a favore di tutti i precari alle dipendenze di pubbliche amministrazioni. Le sentenze della Corte di Giustizia che riguardano esplicitamente i precari della scuola sono previste tra il luglio e il settembre 2014. Nel frattempo si stanno moltiplicando le ordinanze dei tribunali nazionali (da Trento a Trapani) che condannano al risarcimento dei danni per il precariato pluriennale inflitto. I giudici italiani dovranno successivamente applicare gli orientamenti della corte europea, decidendo se procedere ad una stabilizzazione oppure ad un risarcimento. Per il governo italiano, sempre attento ad applicare con puntiglio i dettami della Troika sulla parità del bilancio o sulla riduzione del debito pubblico, l’applicazione delle sentenze europee a difesa dei diritti dei precari potrebbe essere una catastrofe finanziaria. Stabilizzare la mostruosa anomalia creata in 20 anni di precariato selvaggio ha un costo proibitivo. Limitarsi a risarcire i danni procurati potrebbe essere peggio. La Corte potrebbe condannare lo Stato italiano a pagare multe fino a 8 milioni di euro per singolo caso.

Il governo Letta ha rafforzato l’anomalia in nome dell’austerità, bloccando il rinnovo del contratto per il 2014, gli scatti di anzianità e l’ incremento per l’indennità di vacanza contrattuale. I 67 mila docenti assunti nei prossimi tre anni dal ministro dell’Istruzione Carrozza non coprono i pensionamenti e non c’è nessuna idea per riassorbire i 138 mila precari assunti solo quest’anno. La legge «D’Alia» bandirà concorsi con riserva di posti al 50% per i precari con tre anni di contratto negli ultimi dieci minaccia anzi di licenziarne una gran parte dei 250 mila esistenti. O di prorogarli. Il 27 dicembre è arrivata infine la beffa.

Il ministero dell?Economia ha chiesto il graduale recupero degli scatti maturati nel 2012, già erogati, fino a 150 euro. Gli assunti dovranno pagare allo Stato i costi dell’austerità. I sindacati sono sul piede di guerra. Per il Movimento 5 Stelle «il governo ha oltrepassato la linea gettandosi nell’agghiacciante scenario in cui versa la Grecia».