La Camera dei Deputati ha approvato ieri il decreto-legge di rifinanziamento delle missioni militari all’estero fino alla fine del 2014. Solo martedì il governo, dopo l’ostruzionismo di Sel, aveva posto la fiducia, evitando di discutere e di votare gli emendamenti delle opposizioni. Un provvedimento zibaldone in cui sono elencate 24 missioni dove sono presenti i soldati italiani: dall’Afganistan al Libano, da Cipro al Kosovo, dalla Libia alla Georgia, e così via. E nel quale, nel titolo, si riportano ipocritamente espressioni come il sostegno alle «iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione», ma che è sostanzialmente una misura per la copertura delle spese (dal 1° ottobre al 31 dicembre 2013) della nostra presenza militare all’estero.
129 milioni per le nostre truppe in Afghanistan e per gli interventi collegati nei paesi limitrofi, quasi 6 milioni per la missione in Libia, 5 milioni per Active Endeavour (il pattugliamento anti-terrorismo del Mediterraneo), la base militare a Gibuti e poi il finanziamento degli interventi in Libano (40 milioni), in Palestina, in Kosovo, in Darfur, ecc. Nello stesso decreto c’è il finanziamento di missioni militari sbagliate, come quelle in Afganistan e in Libia, e altre che hanno diversa natura, come quelle in Libano ed in Palestina. Accanto ad autentiche missioni di guerra, interventi di peace keeping, con l’accordo delle parti in conflitto e su mandato delle Nazioni Unite.
Le opposizioni, in particolare Sinistra Ecologia e Libertà, avevano chiesto di votare missione per missione, evitando un pronunciamento complessivo su tanti interventi così diversi tra di loro. Il governo non ha accettato la proposta. Per dare il contentino, nel decreto e’ stato inserito – come nei provvedimenti precedenti- qualche milione di euro per gli interventi di cooperazione e ricostruzione. Nelle richieste dell’opposizione c’era espressamente la fine anticipata della missione militare in Afganistan, visto che la missione Isaf terminerà alla fine del 2014. Non solo la maggioranza di governo non ha accettato, come prevedibile, questa richiesta, ma il ministro della difesa Mauro ha annunciato che anche nel 2015 saranno presenti in Afganistan 800 soldati italiani per partecipare alla missione Neto «Resolute Support». Il tutto, senza che il Parlamento ne abbia mai discusso e abbia deliberato in merito.
Sulle missioni militari si sono ricomposte le larghe intese. Anche Forza Italia ha votato a favore, tornando a casa. Nelle stesse ore la legge di stabilità ci consegna più di 700 milioni di euro da spendere per le missioni militari nel 2014 e altri 2 miliardi e 100 milioni di euro sono previsti al 2014 al 2016 per la produzione delle navi da guerra Freem. A tutto ciò vanno aggiunti 600 milioni per i cacciabombardieri F35 nel 2014.
Sulle spese militari si ricompongono le larghe intese e si prosegue una sorta di politica bipartisan che non mette in discussione l’interventismo militare in ogni angolo del mondo, gli investimenti cospicui in pericolosi sistemi d’arma, la riorganizzazione dello strumento militare secondo logiche aggressive e riarmiste. Mentre si continuano a sperperare tutte queste risorse per le missioni militari all’estero, gli F35 e le navi da guerra, non ci sono soldi per le misure contro la crisi, per il lavoro, per la scuola e per il welfare. Il ministro Mauro – sulla missione in Afganistan, sul viaggio della portaerei Cavour e sugli F35- continua a scavalcare il Parlamento, ad essere reticente e a fornire informazioni false.
Il governo lo asseconda e la maggioranza approva a scatola chiusa tutto quello che viene proposto dai vertici militari e dal ministero della difesa. Sulla pelle di un paese, l’Italia, in ginocchio e anche di quelle popolazioni che hanno subito le nostre missioni internazionali. 70mila morti tra la popolazione civile in Afghanistan e 53 tra i nostri soldati. Se gli 8 miliardi di euro impegnati dal 2001 ad oggi per mantenere la missione militare italiana in quel paese li avessimo spesi per la ricostruzione e la stabilizzazione dell’Afghanistan, avremmo fatto sicuramente meglio. Quella sarebbe stata una vera missione di pace, da votare e finanziare.