Prima l’ha condannato, poi gli ha dato una grossa mano. L’intervista al Mattino di Antonio Esposito, presidente di quel collegio della Cassazione che la settimana scorsa ha chiuso il processo Mediaset-Diritti tv rendendo definitiva la condanna di Berlusconi a quattro anni per frode fiscale, è l’argomento che i sostenitori del cavaliere cercavano per tentare una disperata difesa del destino parlamentare del condannato. O della sua «agibilità politica», com’è altrimenti chiamato l’impossibile salvacondotto.

Esposito ha poi smentito di aver pronunciato le frasi più direttamente riferibili al merito della sentenza Berlusconi. Ma non ha potuto rimediare al pasticcio. Il Mattino ha confermato tutto e ha pubblicato una registrazione che persino peggiora la posizione del giudice. E dunque non si può non convenire con il primo presidente della Cassazione o con quello dell’Associazione magistrati che da diverse posizioni hanno definito «inopportuna» l’intervista. La gaffe di Esposito non incide certo su un giudizio ormai perfezionato, ma l’anticipazione delle motivazioni della sentenza è comunque clamorosa. Una sentenza che sembrava non lasciare scampo al cavaliere.

A questo punto, se pure niente potrà invertire il corso discendente della parabola politica berlusconiana, restano aperte alcune strade per rallentare la ricaduta parlamentare della condanna. Dopo l’intervista del presidente Esposito i difensori di Berlusconi hanno anticipato l’intenzione di ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Un ricorso che ha scarsissime possibilità di essere accolto – i tre gradi di giudizio italiani si possono certamente considerare un processo «equo» – ma che offrirà ai senatori del Pdl un motivo in più per fare melina nella giunta per le elezioni. Del resto è accaduto lo stesso con Cesare Previti, interdetto per altro definitivamente dai pubblici uffici, eppure rimasto oltre un anno da abusivo in parlamento proprio perché il centrodestra chiedeva di attendere il giudizio di Strasburgo. Che puntualmente fu di rigetto del ricorso. Non solo, allora come oggi per il fronte berlusconiano c’è aperta la possibilità di un ricorso straordinario per errore materiale della Cassazione. È un’altra iniziativa destinata a nulla, ma buona comunque per fornire alibi ai temporeggiatori in giunta.

Lo scenario al senato si può complicare assai, e Berlusconi conserva qualche possibilità di allontanare il momento dell’addio al palazzo, se Pd e Pdl dovessero venirsi incontro decidendo di approfondire il caso in giunta e nominare un comitato per istruire la pratica della decadenza del cavaliere. Sarebbe una soluzione di mediazione, dettata dalla solidarietà delle larghe intese, piuttosto che l’applicazione di una norma che appare chiarissima, l’ormai famoso decreto del dicembre 2012 sulle liste pulite. Che assegna al senato solo il compito di prendere atto della condanna di Berlusconi e dichiararlo decaduto. Una legge che, dopo averla boicottata, l’attuale ministro (dell’interno!) Alfano applicò rigorosamente alle liste del Pdl. Tanto che, coerentemente, non fu ricandidato Cosentino (sotto processo).

Di fronte a Berlusconi, però, anche la coerenza si ferma. E torna in discussione l’ovvio: la causa evidente di ineleggibilità non varrebbe perché trappo vecchia la legge del ’57 che la stabilisce; quella di decadenza non sarebbe applicabile perché troppo recente il decreto Monti-Severino (che dunque per i giuristi di Arcore salverebbe anche Totò Riina e, visti i tempi della giustizia, potrebbe essere efficace solo tra una decina d’anni). L’interdizione, infine, ancora non è stabilita e per conoscerla bisognerà aspettare l’anno prossimo.

Tutto questo complicato lavorio sui cavilli ha l’unico scopo di prendere tempo. Nemmeno i più ottimisti berlusconiani possono sperare di avere ragione nel merito e una exit strategy per il cavaliere si impone, magari cercandola in famiglia. La gaffe di Esposito però arriva nel momento giusto. Fornisce morale e argomenti al Pdl per la battaglia in senato e viene a coincidere con l’offensiva del centrodestra sulla riforma della giustizia che ha già ricevuto una sorta di benedizione preventiva dal presidente della Repubblica.

Occorre partire, ha detto Napolitano nel giorno stesso della condanna di Berlusconi, dalle proposte dei saggi da lui stesso nominati. Lì dove ci si occupava anche dell’esposizione mediatica dei magistrati, sostenendo che «è necessario rendere effettive le regole e i codici deontologici che vietano al magistrato un uso improprio e personalistico dei mezzi di comunicazione». L’intervista di Esposito introduce il tema. Le riforme hanno evidentemente tempi troppo lunghi per la situazione in cui si trova Berlusconi. Ma rovesciare l’agenda è un primo passo e individuare il problema (anche) nella magistratura può certo far sperare il cavaliere. Sul cui destino nulla è ancora deciso. Come ha precisato il Quirinale ieri «non ci sono allo stato posizioni definite, ma approfondimenti e riflessioni in corso da parte del capo dello stato».