In pubblico si dice una cosa, in privato si tessono trame. La diplomazia presenta sempre due facce. Il problema è quando quello che si pensa dietro le quinte salta fuori e scompagina tutto, come successo ieri, quando una recente conversazione tra Victoria Nuland e Geoffrey Piatt, la prima assistente al segretariato di stato e il secondo ambasciatore americano a Kiev, è stata data in pasto alla rete. L’oggetto del colloquio intercettato è la crisi che sta affliggendo ormai da più di due mesi la repubblica ex sovietica.

Che si sono detti, i due? Il discorso si concentrava sull’offerta di «larghe intese» rivolta nelle scorse settimane dal presidente Viktor Yanukovich agli esponenti dell’opposizione e volta a tamponare il clima tesissimo sulle strade di Kiev. Arseniy Yatseniuk, l’uomo che guida il partito Batkivschyna (Patria) in assenza di Yulia Tymoshenko, agli arresti, era stato invitato a presiedere il governo. Anche all’ex pugile Vitali Klitschko, capo del partito centrista Udar, era stato chiesto di entrare nella squadra. Nuland e Piatt, così rivela il file, si dicono favorevoli alla presenza di Yatseniuk nell’esecutivo, ma non a quella di Klitschko. Perché, si potrebbe azzardare, in un governo di transizione con il Partito delle regioni di Yanukovich potrebbe annacquare il suo potenziale elettorale in vista delle presidenziali del febbraio 2015.

In ogni caso la proposta di Yanukovich è stata bocciata e attualmente, mentre i tumulti si sono placati, si discute ancora sulla nascita di un possibile governo di unità, dato che quello presieduto da Mykola Azarov, fedelissimo di Yanukovich, ha rassegnato le dimissioni. Si parla anche di riforma costituzionale e di possibili elezioni, generali e presidenziali, anticipate. Ma, sempre che questi non siano bluff di Yanukovich, non è questo il punto. Quello che dal leak emerge è che gli americani, a giudicare dal loro tono, danno l’impressione di avere una certa influenza sui membri dell’opposizione ucraina, bollati come «burattini» nelle scritte in sovrimpressione, in lingua russa, che appaiono nel file finito in rete. Come a dire che Yatseniuk e Klitschko ricevono ordini dal dipartimento di stato. Il che, potenzialmente, li scredita. Non è questo, però, il passaggio forte dell’intercettazione, che, accusano gli americani, è tutta opera dei russi. Fa molto più rumore il «fuck the Eu» che la Nuland pronuncia nel momento in cui ipotizza un coinvolgimento dell’Onu nella trattativa sull’Ucraina, lasciando intendere che Bruxelles può essere tenuta in disparte. La cosa conferma che gli americani diffidano degli europei, quando si tratta di giocare una partita importante. Questo atteggiamento, sull’Ucraina, può spaccare il fronte occidentale. Forse ha già lasciato il segno, a giudicare dalla reazione stizzita di Angela Merkel, già infastidita, in tempi recenti, dal pasticcio del datagate. È «totalmente inaccettabile», secondo la cancelliera, quanto detto dalla Nuland. I dissidi tra Washington e l’Europa avvantaggiano Mosca, che strategicamente non può permettersi che l’Ucraina sposti il suo baricentro verso occidente. Se questo avvenisse l’Unione eurasiatica, progetto con cui Putin intende riaggregare lo spazio post-sovietico, nascerebbe zoppo. Kiev deve farne parte o restarvi in qualche modo agganciata. Si spiega così la pressione che Putin ha esercitato in questi mesi su Yanukovich, portandolo a novembre a rifiutare gli Accordi di associazione di Bruxelles.