Decenni di dominazione italiana. Poi zona d’influenza, tanto da considerare l’italiano la seconda lingua parlata. Ma la Somalia è stata soprattutto una sorta di estensione territoriale del nostro paese, una terra d’oltre mare dove far passare i peggiori traffici. Ad esempio, di rifiuti. Era il 1992 e il responsabile Onu per l’ambiente Tolba lanciò un allarme chiaro e drammatico: imprese italiane stanno per trasformare il Corno d’Africa in pattumiera. E già che c’era usò la parola “mafia”.

Nel 2005, dopo lo Tsunami, le tracce dei rifiuti sono apparsi sulle spiagge, mentre la popolazione iniziava a contare i casi di malattie rare, mai viste in quella zona, legate ai contaminanti industriali. Qualche anno fa gli inviati di Famiglia Cristiana trovarono tracce evidenti di svernamenti proprio nella zona della Migiurtina, quel nord della Somalia che tanto aveva attratto Ilaria Alpi nel suo ultimo viaggio.

Presenza di masse metalliche, zone che neanche i piloti locali volevano sorvolare, testimonianze dirette e resti di fusti abbandonati: questa fu la documentazione raccolta. Oggi i traffici non sembrano essersi fermati. Il documentario trasmesso da Arte «Toxic Somalia» ha mostrato i segni delle contaminazioni, sulla pelle viva degli abitanti. Marchi di fabbrica che viaggiano insieme ai tanti omissis e segreti.