«Lotto 25. Chi ha ucciso Annarella Bracci? è il titolo del romanzo di Riccardo D’Anna (edito da Giulio Perrone, euro 11). Il numero «25» è un lotto di case popolari nel quartiere romano di Primavalle. Annarella Bracci era una ragazzina che lì abitava e che venne uccisa e gettata in un pozzo nel 1950, poco più che dodicenne. Non tragga però in inganno la seconda parte del titolo: la storia della piccola Anna Bracci, alla quale da qualche anno è stato dedicato un parco a Primavalle, proprio nei pressi del lotto dove viveva, è solo un pretesto per dipingere un quadro articolato del quartiere. Di «Annarella» scrive tuttavia D’Anna e in modo documentato, ascoltando i ricordi degli anziani del quartiere e leggendo i faldoni dei casi processuali insoluti, per studiare gli atti del processo e per leggere gli articoli dei giornali dell’epoca. Eppure questa vicenda criminale, finisce per essere solo una gigantesca metafora per raccontare il buio di una storia dimenticata.

La storia dimenticata è, oltre a quella della bambina uccisa, quella di un quartiere nato male per volontà di Mussolini. Doveva risolvere il problema abitativo, tra gli altri, degli abitanti della spina di borgo, abbattuta dal fascismo per edificare Via della Conciliazione e di quelli della parte del rione Monti sacrificata sull’altare di Via dell’Impero. Quella di Primavalle fu però per decenni una storia di marginalità assoluta. Adesso è un quartiere vivibile. Ora ci arriva la metro A, hanno aperto due cinema e da poco c’è una libreria, Liberamente, che prova a fare argine alla logica dei supermercati.

In Lotto 25 si susseguono le cronache delle rivolte popolari che attraversarono il quartiere fino agli anni Settanta. Dalla lotta per la casa fino all’uccisione di Mario Salvi; dal rogo dei fratelli Mattei al «caso Moro». Ricostruisce inoltre, tratteggiandoli, gli anni della malavita romana, della diffusione selvaggia dell’eroina. A tratti il romanzo è lirico, come quando viene descritto il funerale di Annarella, al quale parteciparono più di centomila persone. Fu pagato dal comune, che comprese l’impatto emotivo fortissimo sull’opinione pubblica di questa vicenda e impose che fosse celebrato vicino al Verano e non a Primavalle, dove era a rischio la tenuta dell’ordine pubblico. La scenografia pensata per la celebrazione ricorda la favola di Cenerentola, che proprio quell’anno usciva nelle sale cinematografiche. Così una carrozza con i cavalli bianchi, accompagnò la piccola nel suo ultimo viaggio lontana dagli uomini. Il romanzo è ancora lirico quando arriva all’oggi, alle persone che D’Anna incontra per le vie della borgata. Ne descrive molte. Bruno, il giornalaio compagno di mille discorsi politici e calcistici, morto prematuramente; Amadou, che dal Senegal è arrivato alla periferia del mondo per provare a vivere. Insieme a loro mille altri ritratti minimali e per questo importantissimi di quella vita e di qui luoghi spesso vissuti con distrazione, ma che costituiscono l’ossatura delle nostre vite.