A pochi mesi dalle elezioni europee ci troviamo di fronte a un fenomeno inedito: non c’è un solo politico che non attacchi le politiche di austerity della Troika, anche se per anni le ha sostenute o subite passivamente. Così non si capisce più chi abbia provocato l’impoverimento repentino di Italia, Spagna, Irlanda, Portogallo e, soprattutto, Grecia. Non ci sono più colpevoli, ma una sorta di virus malefico che ha colpito i nostri paesi, provocando una disoccupazione di massa che non si era mai vista, suicidi a catena, perdita di diritti sociali, disperazione ed impoverimento sempre più insostenibili. Come la peste che per secoli ha devastato l’Europa ciclicamente, così questa crisi viene raccontata come una pandemia che ci ha colpito tutti e che richiede uno sforzo collettivo per contrastarla. Chi l’ha usata, per disciplinare i lavoratori o per ridurne i diritti, oggi si presenta come il paladino della lotta all’austerity (come ha tentato disperatamente di fare anche Letta prima di essere defenestrato).

««Basta con l’austerity»» è la parola d’ordine che, nata dai movimenti popolari di opposizione, viene oggi assunta in tutta Europa dai leader delle “larghe intese” che, ci potete scommettere, presenteranno un programma ambizioso di rilancio dell’economia e dell’occupazione. Per questo, fare chiarezza, ricostruire le responsabilità politiche di questa crisi e delle sue drammatiche conseguenze sarà il primo compito che si deve assumere chi vuole provare a costruire una vera alternativa. E non sarà una passeggiata, perché siamo di fronte ad una grande manipolazione dell’informazione che fa dire a tanti: abbiamo vissuto sopra i nostri mezzi, abbiamo sperperato e rubato, siamo un popolo di corrotti ed ognuno di noi deve scontare la pena, fare sacrifici per uscire dalla stagnazione/recessione.
Milioni di lavoratori, precari, disoccupati come possono essere inclusi in quel «noi» che ci viene propinato come corpo sociale indistinto? Eppure, questo attacco ideologico ha raggiunto dei risultati incredibili per il potere del capitale finanziario, e non solo. In pochi anni sono cambiate le aspettative di milioni di persone, i progetti di vita, le speranze e i sogni.

Incontro sempre più spesso dei miei ex- studenti che dopo la laurea specialistica (e qualche volta il master o il dottorato) sono passati da un lavoro precario all’altro, son partiti per il Nord Italia o all’estero (e tanti sono tornati), che hanno perso la speranza e che ti raccontano «lavoro presso uno studio professionale come segretaria part-time» oppure «faccio il cameriere in un pub» oppure «lavoro in un call center» …ma, aggiungono: «meno male che ho una specie di lavoro, guadagno poco ma è meglio di niente»». Molti concludono: ci dobbiamo accontentare… c’è chi sta peggio noi. Ecco, questo è il risultato culturalmente e socialmente più catastrofico dell’austerity e della gestione ideologica di questa crisi. Che una intera generazione abbia perso speranze ed ambizioni ha una ricaduta terribile nella costruzione di un progetto politico alternativo.

Se non riesci più ad immaginare un miglioramento significativo della tua vita quotidiana come puoi pensare o credere che potrà un giorno esserci un cambiamento radicale della società in cui vivi? E come puoi costruire una visione alternativa a questo sistema capitalistico-finanziario se non credi più che le cose possano cambiare?

Eppure c’è chi ce l’ha fatta. È il caso di Syriza in Grecia, il partito politico che ha unito le forze della sinistra dispersa riuscendo a vincere la disperazione e convincendo quasi un terzo della popolazione che è possibile costruire un’alternativa a queste politiche di austerity, senza prendere scorciatoie nazionaliste e xenofobe che ci porterebbero più velocemente nel baratro. Ce l’ha fatta Syriza perché è diventata una forza politica incarnata nelle realtà sociali più colpite dalla crisi, perché è riuscita a trovare linguaggi, messaggi e pratiche sociali comprensibili per tutti. E, lo sappiamo bene, non è stato facile contrastare una micidiale campagna mediatica che in tutta Europa dal 2009 ha disegnato il popolo greco come un manipolo di fannulloni corrotti, capaci solo di accumulare debiti su debiti. Non è stato facile uscire dal subdolo meccanismo della colpevolizzazione che fa sì che le vittime si sentano colpevoli, che l’enorme debito pubblico sia interiorizzato come colpa collettiva, e quindi di ognuno di noi.

E se la lista per Tsipras sta raccogliendo consensi crescenti anche nel nostro paese non è perché Alexis sia solo un giovane simpatico, solare ed intelligente, ma perché rappresenta il simbolo di questo processo di rivolta, di questa speranza collettiva. Questa è la sfida che abbiamo di fronte e su cui dovremmo impegnarci : ricostruire una ambizione sociale e politica, reclamare un diritto alla vita dignitosa che ci è stato tolto. Altro che accontentarci! Dobbiamo essere molto ambiziosi e capaci di trasmettere un messaggio forte che faccia intravedere come la costruzione di un’altra Europa, giusta e solidale, sia ancora possibile.

Che la cancellazione/ristrutturazione del debito pubblico che schiaccia i nostri paesi è un diritto ed un beneficio per tutti, anche per i paesi più ricchi. Che ci faccia toccare con mano che l’alternativa Euro-Mediterranea non è il libro dei sogni di qualche intellettuale utopista. Che pretenda che un cittadino europeo, dalla Finlandia a Cipro, abbia lo stesso diritto a una vita dignitosa, e quindi a un reddito minimo su base europea, a un welfare che ti garantisca sanità, casa, e istruzione, anche se vivi nell’estrema periferia sud della Ue. Ma non basta. Dobbiamo credere che è possibile costruire una grande alleanza tra i paesi del Mediterraneo, a partire dai paesi del Sud Europa, capace di controbilanciare il potere dell’asse franco-tedesco, divenuto in questi ultimi anni essenzialmente germanico-centrico. E questo significa che la lotta per la liberazione circolazione delle persone, per i diritti dei migranti non può che essere parte integrante dell’Europa di nuova generazione che vogliamo contribuire a far nascere.

Nel concreto le idee per realizzare questo progetto sono tante ma ci manca la capacità di far immaginare e sognare questo nuovo assetto della Ue e del Mediterraneo, di un mare di pace e cooperazione nel campo della cultura, dell’arte, della scienza e dell’economia solidale. Abbiamo bisogno di tecnici e di amministratori capaci, ma anche e forse più di poeti e profeti capaci di smuovere i sentimenti delle nostre popolazioni, di creare un altro immaginario collettivo.