«Io sto con Putin». Le parole che accompagnavano il faccione del leader russo, con tanto di berretto da ufficiale di marina in testa, non potevano essere più esplicite. Solo pochi mesi fa, la Capitale si era svegliata con questa immagine bizzarra, replicata in migliaia di manifesti affissi notte tempo dai militanti dell’estrema destra. Un caso isolato, quel messaggio d’amore inviato all’uomo forte di Mosca? Non proprio. Basti pensare al fatto che solo negli ultimi giorni anche da alcuni esponenti del movimento dei Forconi sono venute espressioni di plauso nei suoi confronti, mentre un articolo postato sul sito neofascista No Reporter lo ha definito come «lo statista del secolo». Su Facebook, il Vladimir Putin Italian Fan Club, logo una bandiera tricolore con in mezzo la faccia del presidente russo, è invece spesso frequentato dagli estremisti di destra. Ce n’è abbastanza per interrogarsi sul fascino discreto che l’ex capo del Kgb esercita sulle diverse anime della galassia nera.

Di Putin, in questo ambiente, piace praticamente tutto. Dall’omofobia, alla battaglia contro gli immigrati, fino alla difesa della cristianità. Apprezzato è però anche il suo autoritarismo, la politica estera anti-occidentale e l’evocazione del mito eurasiatico di un’unica nazione dalla Bretagna alla Sibera, non a caso tra gli intellettuali alla moda nella Russia putiniana c’è Alexander Dughin, studioso di Julius Evola e del pensiero differenzialista di Alain de Benoist.

Ma partiamo dai manifesti apparsi a Roma. A firmarli era stato il Fronte Nazionale di Adriano Tilgher, già sodale di Stefano Delle Chiaie ai tempi di Avanguardia Nazionale, e noto per aver elogiato più di recente la politica sociale di Hitler. Quanto alla tempistica, il sostegno a Putin arrivava dopo l’ennesima sortita omofoba in occasione del varo di una legge della Duma contro «la propaganda gay». «Putin è uno dei pochissimi leader europei con le idee chiare su ciò che sarebbe meglio per l’Europa», aveva spiegato Tilgher, prima di dirsi preoccupato per la minaccia alle «libertà individuali» rappresentata dalla «lobby omosessuale».

Simile plauso alla «battaglia anti-gay» di Putin è arrivato più volte anche da Forza Nuova che ha segnalato come l’estrema destra guardi poi alla Russia soprattutto in funzione anti-occidentale: «La nuova Europa, affrancata dal male americano, deve rinascere intorno a Putin». Non a caso, spiegava un documento firmato dal nucleo romano del movimento di Roberto Fiore, «l’usurocrazia mondiale ha dichiarato guerra al leader russo (…). Evitare il contatto Russia-Europa è stato il grido di battaglia degli oligarchi europeo-israelo-americani».

Quanto al circuito di Casa Pound, le liaisons ideologiche con Mosca passano da un lato attraverso il network dell’internazionale nera pro-Assad, il cosiddetto Fronte europeo per la Siria – Putin è uno dei più forti alleati del regime di Damasco – dall’altro per le stesse tesi diffuse da Gabriele Adinolfi, spesso presentato come l’ideologo delle «tartarughe nere». Per Adinolfi, Putin, come già Berlusconi, incarnerebbe un «neo-cesarismo» che, anche passando per un restringimento delle libertà democratiche, da solo può salvare l’Europa dalla corruzione: «La storia c’insegna che la libertà va di pari passo con l’autorità centrale», con quella «monarchia popolare, (che) sotto forma regale, imperiale, o cesariana, ha da sempre espresso l’intesa tra popolo e capo». Non solo, in estrema sintesi: «Oggi la patria comunista sono gli Usa e quella nazionalista è la Russia».

A questo fronte di entusiasti sostenitori di Putin, si sono aggiunti di recente i Forconi e, soprattutto, la Lega Nord. Per i primi, valgono le parole di Lucio Chiavegato, responsabile della Life veneta, secondo cui il presidente russo «è uno che decide, non s’inchina di fronte a nessuno e difende il proprio paese», mentre per i leghisti che hanno invitato al recente congresso di Torino tre parlamentari di Russia Unita, il partito del presidente, la Mosca di Putin rappresenta una sorta di modello, il «faro continentale a cui guarda tutta l’Europa identitaria», per dirla con la Padania. Proprio il quotidiano leghista ha del resto sintetizzato le parole d’ordine della Russia di Putin che tanto sembrano piacere alle destre nostrane: «Identità, tradizione, demografia e valori». E il deputato russo Victor Zubarev, ospite del Carroccio, ha ricambiato l’apprezzamento, spiegando come «la piattaforma politica e ideologica presentata alla Duma da Putin coincide con molte delle idee presentate al congresso della Lega». Per la destra italiana, l’«orso russo» si è decisamente trasformato in un cane da guardia.