Ieri mattina si è svolta al Pentagono l’ennesima riunione tra gli esperi di cybersicurezza. Gli Stati Uniti e la Russia sono del resto già in guerra da diverse settimane. A fronteggiarsi non sono però truppe di terra o l’aviazione ma gli esperti informatici della difesa delle due super potenze. Tutto ha inizio lo scorso 28 febbraio, quando le truppe di Mosca escono dalle loro basi in Crimea e occupano la penisola ucraina.

Già lo scorso dicembre, il presidente americano Obama era stato allertato dalla Cia sulle mire di Putin, tanto da aver ordinato una migliore copertura visiva della Russia. Sia il Pentagono che la Nato si aspettavano infatti un’invasione, con conseguente movimento di truppe al confine.

Di conseguenza alcuni satelliti spia, la maggior parte dei quali resta da oltre un decennio sull’ampio scacchiere mediorientale, che va dalla Libia all’Afghanistan, erano stati puntati sulla Russia. Alla base di questa decisione, le informazioni fornite dallo stesso governo ucraino che riteneva fossero presenti nella penisola appena 6.000 soldati del Cremlino. Peccato fossero quasi il quadruplo: oltre 22mila.

Il Cremlino è stato astuto, riuscendo ad aumentare i suoi uomini dislocati nella basi della propria flotta presenti sulla penisola senza dare nell’occhio, con costanti arrivi via mare di piccoli gruppi e ben addestrati. Ma quel 28 febbraio, al Pentagono e al Cooperative Cyber Defence Centre of Exellence (Ccdcoe), il centro della Nato che si occupa di difesa informatica, sarebbe inoltre stata convocata una riunione d’urgenza tra gli esperti di cyberguerra.

Oggetto dell’incontro, la mancata captazione da parte dei Paesi dell’Alleanza Atlantica di una qualsiasi comunicazione russa che potesse far prevedere all’Occidente l’imminente occupazione della Crimea da parte dei militari del Cremlino. Nello spionaggio Usa e Nato qualcosa, insomma, non ha funzionato. Un alto funzionario statunitense, mantenendo l’anonimato, ha confermato al Wall Street Journal: «Non abbiamo avuto le informazioni per stabilire con esattezza cosa stesse accadendo in Crimea». In altre parole, il controspionaggio di Mosca ha lavorato bene nel proteggere e nascondere i piani militari. Il funzionario Usa ha aggiunto: «Ora abbiamo messo in campo strumenti in grado di rispondere alla crisi».

L’ordine di mantenere ancora per qualche giorno il controllo delle proprie basi in Crimea, agli ucraini sarebbe arrivato proprio dal Pentagono. A Washington serviva il tempo di infettare con un apposito virus, come il worm Stuxnet usato per compromettere le centrifughe del programma nucleare iraniano, tutte le strumentazioni che sono poi finiti in mani russe.

Azioni simili sarebbero state compiute anche dal Cremlino. Il 28 febbraio, Mosca ha preso il controllo in Crimea dei più importanti centri dell’Ukrtelecom Jsc, il provider di telecomunicazioni dell’Ucraina che gestisce i servizi di telefonia mobile, fissa e internet.

Anche perché i cavi in fibra ottica di questa società, dalla Crimea arrivano fino in Russia. Poco dopo, alcuni deputati ucraini hanno denunciato il blocco dei propri cellulari. La cyberwar segreta è insomma in atto.