Per il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu quella di ieri è stata un’azione che «passerà alla storia» . Eroica, audace e di una «creatività senza limiti» l’ha definita, esaltandosi nell’arte del cinismo di cui è maestro. Certo, ha aggiunto, «è stato pagato un prezzo», riferendosi ovviamente all’ufficiale Amon Zamora rimasto ucciso nell’operazione condotta a Nuseirat dall’esercito di Tel Aviv.

Per spazzare via almeno 210 vite palestinesi allo scopo di salvarne quattro israeliane, e non includerle neanche nel prezzo, ci vuole davvero tanta «creatività» e nessuno scrupolo.

Alla sfacciata asimmetria delle vittime piante da una parte e dall’altra abbiamo fatto il callo, ma possiamo festeggiare il ritorno alla vita e ai loro cari dei quattro ostaggi liberati ieri solo ribadendo lo sgomento di fronte a un massacro di tali dimensioni, e in generale al magro bottino che Bibi può esibire ai parenti degli ostaggi (sette liberati in totale) a fronte di 50 mila gazawi ammazzati in questi otto mesi, con una percentuale inaccettabile di civili, donne, bambini. Si dirà che la responsabilità di un bilancio così insensato ricade tutta su Hamas, che i palestinesi di Gaza sono tutti scudi umani o forse scudi e basta. Una scusa audace e creativa per eliminarli senza scrupoli.

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L’entusiasmo di queste ore è funzionale alla spietata logica del premier israeliano, dei coloni e dell’estrema destra messianica. Più difficile è comprendere il giubilo di molti media occidentali mainstream e dell’Amministrazione Biden, che dopo aver implorato gentilmente Israele di andarci piano con la mattanza di innocenti accetta di buon grado che questa prosegua, per di più con armi made in Usa. Anche la Casa Bianca ha parlato di audacia, ieri, rilanciando il sostegno incondizionato a Israele per la liberazione degli ostaggi, sia attraverso il negoziato che con «altri mezzi». Ma uno solo è il mezzo “alternativo” alla trattativa con Hamas, lo abbiamo visto in azione ieri. E abbiamo visto come durante la breve tregua di novembre ne sono tornati liberi 105.

Il giorno prima di Nuseirat anche un documento della Cia citato dalla Cnn lo diceva chiaramente: la liberazione degli ostaggi non è mai stata la priorità di Netanyahu, che confida nella possibilità di resistere a ogni pressione, di prendersi il tempo necessario per andare “fino in fondo”. Solo allora si fermerà per valutare una qualsiasi ipotesi di cessate il fuoco e di futuro per Gaza, fortemente candidata a divenire un resort per i coloni di ritorno.

Con il blitz di ieri Bibi ha disinnescato anche l’insidia politica interna più seria che si profilava all’orizzonte, le annunciate dimissioni di Gantz dal governo per la scarsezza di risultati e la mancanza di una visione del “dopo”. Ora il delirio di potenza ferita può continuare. Ma dovrebbe essere chiaro a tutti, come lo è a chi come noi non vede l’ora di festeggiare la liberazione di tutti gli ostaggi e al contempo la fine della carneficina quotidiana a Gaza, che né l’una né l’altra cosa potranno mai passare attraverso l’accanimento dell’esercito israeliano su quel che resta della Striscia.