«Se state guardando questo (video), significa che al Jazeera è stata messa al bando in Israele». Iniziava così, domenica scorsa, il messaggio pre-registrato dell’emittente qatariota affidato al volto e alla voce del corrispondente a Gerusalemme, Imran Khan.

POCHE ORE prima il governo israeliano aveva votato all’unanimità per la messa al bando (in quanto «minaccia alla sicurezza nazionale»); poche ore dopo il ministro delle comunicazioni Shlomo Karhi festeggiava su Twitter il raid della polizia e le confische di equipaggiamento (compresi computer e telefoni) dagli uffici della tv, all’Ambassador Hotel di Gerusalemme est.

Buio per 45 giorni, rinnovabili senza scadenza. Tel Aviv si unisce ai paesi arabi autoritari che hanno chiuso con la forza al Jazeera, come l’Egitto o gli Emirati. Vero è che il divieto è aggirabilissimo, dalle piattaforme social o con un uso accorto della rete Vpn. Lo sanno bene gli iraniani, il nemico numero uno secondo Israele i cui metodi però, a quanto pare, piacciono.

Il punto è un altro: al Jazeera non potrà più lavorare da Israele (e da Gerusalemme est occupata; può lavorare in Cisgiordania ma, in quanto territorio occupato, è raggiungibile solo da confini controllati da Israele). Non potrà avere un ufficio, degli inviati, una copertura. Quella che ha garantito per sette mesi da Gaza, nonostante gli omicidi mirati dei propri corrispondenti, e che ha garantito nei due decenni passati nelle più terribili guerre, dall’Iraq all’Afghanistan.

PER ISRAELE, però, è un megafono di Hamas e pure del Qatar, anche se con il Qatar Tel Aviv parla, comunica e negozia. Le condanne alla messa al bando sono giunte da ovunque: dalla Foreign Press Association che parla di «regime autoritario» alle Nazioni unite che chiedono un passo indietro perché i media liberi sono «essenziali alla trasparenza e all’obbligo di rispondere delle proprie responsabilità».

Soprattutto perché a Gaza di giornalisti internazionali Israele non ne ha fatto entrare nemmeno uno. Ma le critiche arrivano anche dall’interno.

Su Haaretz Zvi Bar’el ha scritto di una mossa controproducente che peggiora ancora l’immagine che di Israele il mondo si sta facendo. Ha aggiunto che il problema per Netanyahu resta: «Al Jazeera non ha bisogno di uffici a Tel Aviv o a Ramallah per continuare a mostrare al mondo la distruzione, la morte e la fame di Gaza».