Le indiscrezioni dicono che Benyamin Netanyahu si prepara a pronunciare, durante una conferenza a Tel Aviv, un discorso dal tono “molto amichevole” nei confronti degli Stati Uniti e del Segretario di Stato John Kerry, bersaglio di raffiche di accuse durissime lanciate da ministri e deputati israeliani. Sul negoziato in corso con i palestinesi – fermo da mesi – invece dirà ben poco di nuovo e, con ogni probabilità, punterà ancora l’indice contro il presidente dell’Anp Abu Mazen “colpevole” di non avere accettato le sue condizioni, a cominciare dal riconoscimento di Israele quale «Stato degli ebrei». Il primo ministro non ha neanche bisogno di rivolgersi direttamente ai palestinesi, perchè i suoi pensieri si concretizzano subito con la realizzazione, da parte delle autorità israeliane, di “fatti” nei Territori occupati. Qualche giorno fa il comune (israeliano) di Gerusalemme ha dato il via libera a nuovi piani edilizi per un totale di 558 nuovi alloggi nelle colonie ebraiche costruite dopo il 1967 nella zona palestinese (Est) della città. «Nella riunione della commissione edilizia locale sono stati approvati progetti per 86 alloggi a Har Homa, 136 a Neve Yaakov e 36 a Pisgat Zeev», ha comunicato l’amministrazione comunale.

Case su case, un incessante colata di cemento nei territori, dove i palestinesi vorrebbero proclamare il loro Stato, che si è intensificata con la ripresa delle trattative Israele-Anp fortemente volute da John Kerry e che non hanno prodotto alcun risultato sino ad oggi. I lavori appena approvati dovrebbero prendere il via già nelle prossime settimane. «Si tratta di permessi per costruire, il che costituisce davvero l’ultima tappa del processo», ha spiegato il portavoce del gruppo israeliano Peace Now, Lior Amihai. Dall’avvio dei negoziati lo scorso luglio, il governo Netanyahu ha fatto avanzare progetti per 7.302 alloggi in Cisgiordania e a Gerusalemme est e lanciato gare d’appalto per altre 4.460 unità abitative (350.000 coloni ebrei vivono in insediamenti construiti in violazione del diritto internazionale in Cisgiordania, altri 200.000 abitano nella zona occupata di Gerusalemme). «Israele è impegnata in una continua deliberata provocazione dei palestinesi, per spingerli a lasciare i negoziati in protesta per la crescita delle colonie. Dovrebbe essere incolpata per la distruzione del processo di pace», ha commentato Hanan Ashrawi, del Comitato esecutivo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). Alle parole di Ashrawi ha replicato in modo indiretto il ministro israeliano dell’edilizia, Uri Ariel: «Dal Mar Mediterraneo al fiume Giordano ci sarà un solo Stato e questo sarà lo Stato di Israele».

Sul terreno tutto procede secondo i piani del governo Netanyahu. Il premier alza le spalle di fronte ai boicottaggi che Israele deve affrontare a causa della politica di colonizzazione. Attraverso il ministro degli esteri Lieberman ha fatto sapere che saranno adottare contromisure per contrastare la protesta contro gli insediamenti e la campagna Bds contro le politiche israeliane, avviata da numerosi gruppi ed organizzazioni in diversi paesi. Il primo ministro piuttosto si sente chiamato ad allentare la tensione con gli alleati americani, resa evidente a inizio settimana dalla discesa in campo di Susan Rice, consigliere per la sicurezza del presidente Obama, per difendere John Kerry, preso di mira ormai ogni giorno, ad ogni sua dichiarazione, e che il mese scorso il ministro della difesa israeliano, Moshe Yaalon, aveva descritto come «ossessivo e messianico». «Attacchi personali in Israele diretti al Segretario di Stato sono totalmente infondati e inaccettabili», ha protestato Rice in un twitter. Netanyahu non ha reagito mentre il capo dello stato Peres si è smarcato dalla posizione del governo affermando che Kerry «E’ venuto qui per costruire ponti tra noi e non per battagliare con noi». La mediazione americana in ogni caso è giunta al capolinea, lo lasciano capire anche gli analisti israeliani, e nessuno sa quando il Segretario di Stato farà ritorno in Medio Oriente. La sua missione a Gerusalemme prevista a fine gennaio è stata rinviata a tempo indeterminato.