Questa volta la scossa arriva da Bruxelles. La Commissione Europa è pronta ad aprire una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia a causa degli scarichi inquinanti dell’Ilva. L’eclatante notizia potrebbe essere ufficializzata giovedì prossimo. Intanto sono in corso trattative con l’Italia per impedire tale epilogo.
La proposta per l’avvio formale della procedura sarebbe stata preparata dal commissario Ue all’ambiente Janez Potocnik, in seguito ad uno scambio di lettere avviato con le autorità italiane nel marzo 2012. La Commissione Europea ha posto all’Italia una serie di interrogativi sull’applicazione nello stabilimento ionico della direttiva Ue sulla prevenzione e la riduzione dell’inquinamento. Bruxelles si è anche impegnata nella raccolta di informazioni sulla possibile infrazione della Carta dei diritti fondamentali, in particolare del diritto alla vita, da parte dell’Ilva. L’ultima richiesta di chiarimenti risale all’8 luglio scorso. Le autorità italiane avrebbero dovuto rispondere entro il 29 luglio. Su tale risposta, però, si era posata un’imbarazzante coltre di silenzio. In seguito ad un’interrogazione del Movimento 5 Stelle, il ministro degli Affari Esteri Moavero Milanesi aveva fornito questa comunicazione: le risposte del ministero dell’Ambiente e del commissario straordinario dell’Ilva erano state trasmesse al Servizi della Commissione europea in data 30 luglio.
Insomma, le autorità italiane non si sono certamente distinte per tempestività e le loro risposte devono essere apparse poco convincenti. L’iniziativa di Bruxelles prevede la messa in mora dell’Italia – primo passo della procedura d’infrazione – e la richiesta di una risposta da parte di Roma entro sessanta giorni. Più fonti parlano di una trattativa in corso per impedire questo scenario. Non è escluso che qualche esponente del Governo possa scendere in campo nelle prossime ore. La proposta messa a punto dagli uomini di Potocknic punta l’indice proprio contro il Governo italiano in quanto autorità preposta al rilascio dei permessi in base ai quali l’Ilva di Taranto ha potuto finora operare e all’esecuzione dei controlli destinati ad accertare il rispetto delle norme ambientali Ue. Nei mesi scorsi alcuni comitati ambientalisti locali avevano presentato denunce documentate sull’atteggiamento delle autorità nazionali.
Intanto, altri fermenti si sono registrati nella Capitale, nella giornata di incontri riguardanti il sequestro dei beni e il blocco di alcuni stabilimenti del Nord deciso dai Riva. «Il problema della Cassa integrazione è prematuro in questa fase e non è stato posto nella riunione», ha dichiarato Bruno Ferrante, rappresentante del gruppo Riva, al termine dell’incontro tenuto al ministero dello Sviluppo economico con il ministro Flavio Zanonato, il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini e il custode giudiziario, Mario Tagarelli. «L’azienda – ha spiegato Zanonato – chiederà al gip di poter disporre delle somme per riattivare l’attività produttiva». In merito all’istituzione di un articolo 104 ter, punto toccato dallo stesso Zanonato durante una audizione alla Camera, il ministro ha detto: «Sicuramente la faremo, ma potremmo prenderci un po’ di tempo». Da qui il pressing sul gip Patrizia Todisco. Sul fronte sindacale si annuncia battaglia. «Siamo preoccupati di eventuali rinvii o di un allungamento dei tempi per trovare una soluzione. L’attività produttiva va ripresa subito – ha detto il leader della Fiom Maurizio Landini – è l’unica condizione per risanare, fare investimenti: serve continuità produttiva che non solo dia certezze ai lavoratori ma permetta anche di mantenere clienti, mercato e non metta in discussione l’esistenza stessa della produzione dell’acciaio nel nostro Paese». Alzano la voce anche il segretario nazionale della Uil Mario Ghini e quello della Cisl Raffaele Bonanni: «Il Governo – dice quest’ultimo – intervenga, ripristini la produzione e faccia chiarezza all’interno dei propri poteri».