Certo, c’è quella che Giorgia Meloni ha definito «la madre di tutte le riforme», il vasto programma annunciato di riforma costituzionale, il premierato e i nuovi assetti della magistratura. Ma la verticalizzazione delle decisioni si produce anche nel quotidiano, è una microfisica del potere governativo che ha una sua logica e coinvolge con precisione gangli delle istituzioni che dovrebbero essere sottratti alla battaglia politica.

La destra ha capito che per mandare segnali di autoritarismo non basta entrare nella stanza dei bottoni e dispensare qualche manganellata concreta o metaforica. Bisogna esercitare per davvero il dominio, prendere le redini delle filiere del consenso, mostrare ai copri intermedi il bastone del comando.

La solerzia con la quale il ministero dell’interno sta procedendo nei confronti dell’amministrazione comunale di Bari (comune prossimo al voto, in una Regione da mesi al centro dell’attenzione di Meloni e con un sindaco in lizza per fare da capolista alle elezioni europee di giugno) conferma il legittimo sospetto circa il fatto che la destra punti a occupare posti strategici e mandare messaggi a gruppi di interesse e interlocutori istituzionali: le regole le facciamo noi.

Lo stesso meccanismo è scattato attorno alla gestione del Pnrr: gran parte del lavoro svolto da Raffaele Fitto è servito a rideclinare le voci di spesa e ad accentrarne la gestione. Il che è confermato dalle osservazioni della Corte dei Conti e dalle proteste (trasversali) dei presidenti di Regione sulle spese sanitarie. Al centro di questa storia ci sono proprio i meccanismi di governance del Pnrr e la destinazione dei fondi.

In misura più piccola ma significativa bisogna intendere anche l’attivismo del ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, che ha proclamato L’Aquila capitale italiana della cultura per il 2026 pochi giorni dopo che Marco Marsilio era stato confermato presidente della Regione Abruzzo. Nella terra cara ai meloniani, il governo ha annunciato con cronologia millimetrica diversi cantieri in clima elettorale, tra di essi anche l’ormai mitologica autostrada Roma-Pescara. La presidente del consiglio, del resto, non ha perso tempo e si è precipitata in Umbria, dove si voterà nel prossimo autunno, per annunciare con la presidente leghista Donatella Tesei i 210 milioni di euro dei Fondi di sviluppo e coesione. Cerimonia analoga è prevista (ça va sans dire, prima del voto del 21 e 22 aprile) in Basilicata.

L’evento emblematico, che ha dimostrato lo stile della destra al potere si è verificato a gennaio 2023. Avenne nel mezzo della polemica sul 41bis all’anarchico Cospito, quando Giovanni Donzelli, responsabile dell’organizzazione nazionale di Fratelli d’Italia, trascinato dal furore censorio tipico di chi si sente le spalle coperte dalle istituzioni ha sventolato in faccia alle opposizioni le carte riservate che gli aveva passato il suo coinquilino Andrea Delmastro, sottosegretario alla giustizia poi finito anche nella bufera per le pallottole vaganti alla festa di capodanno 2024. Stanno ancora al loro posto. Perché il messaggio deve essere forte e chiaro: nonostante tutto, comandiamo noi.