L’insurrezione popolare ucraina di piazza Majdan mirante a liberarsi di un satrapo per «andare in Europa», la «caduta» di Yanukovich – il satrapo democraticamente eletto stando ai giudizi delle principali organizzazioni internazionali che monitorano lo svolgersi delle consultazioni elettorali -, la reazione muscolare e imperiale dello zar Putin che non vuole essere tagliato fuori da una sua area di interesse strategico, il frettoloso referendum dall’esito scontato tenutosi domenica in Crimea per il ricongiungimento con la Russia, la voce grossa e le minacce dell’Impero del Bene, lo squittio dell’imbelle Europa servile e incapace, morale: il ritorno del nemico cattivo, l’Orso russo che bisogna punire.

Sembrano essere questi i fatti della vicenda ucraina delle ultime settimane, ma alle spalle dei fatti, fanno capolino questioni di ben altra sostanza, per esempio ad ogni allargamento della sedicente democrazia occidentale, fanno la loro comparsa le armi della Nato, quelle dello sceriffo stelle e strisce, del paese che ha più armi al mondo e diffuse in quasi ogni angolo del pianeta con la supina compiacenza dei paesi dell’Unione europea.

Ora, sappiamo tutti chi è Vladimir Putin e cosa sia il regime che ha instaurato nella Federazione Russa, sappiamo bene che la parola «democrazia» ha, in quel paese, un significato aleatorio, ma non c’è nessuna ragione per piazzare fra le sue natiche armi su armi, il cui senso palmare non può essere che ostile.

En passant, possiamo permetterci di porre una domanda? A cosa serve l’Alleanza atlantica visto che è cessata la guerra fredda? Non dovrebbe essere completamente ripensata?

Non dovrebbe esserci una comune politica di difesa europea senza gli Stati Uniti, magari per proporre alla Russia un progressivo disarmo bilanciato. E poi, se il presidente del Venezuela Maduro, che ritiene che gli Usa stiano sabotando il suo governo sobillando forze fasciste, chiedesse aiuto militare alla Russia, come reagirebbe l’Impero del Bene?

L’improntitudine del civile Occidente è senza limiti, strilla allo scandalo per le modalità «selvagge» con cui è stato indetto il referendum in Crimea. Da che pulpito! È quell’Occidente che ha scatenato due guerre illegali e criminali giustificate con un cumulo di menzogne più grande del monte Everest come quelle dell’Iraq e dell’Afghanistan.

Quanto all’Europa, la sua miseria è sconcia, lascia risorgere nel suo seno forze ispirate ai fascismi e ai nazionalismi che furono le principali responsabili della Seconda Guerra Mondiale. Anche nella pur sacrosanta protesta di piazza Maidan, si è irresponsabilmente lasciato un ruolo di primo piano a organizzazioni che inalberano simboli nazisti e nazionalisti collaborazionisti. C’è qualche solone della democrazia che ricorda che i sovietici ebbero fra i venti e i ventisette milioni di morti a causa del nazifascismo e che almeno metà di quei morti furono russi, settanta per cento dei quali civili innocenti che furono trucidati con inaudita ferocia. Possono questi chierici dell’Occidente arrivare a rappresentarsi cosa possano significare quei simboli per la Russia? Che cosa aspetta la Comunità Europea a dichiarare fuori legge tutta questa porcheria?

Con ben altra saggezza andava gestita tutta questa delicatissima faccenda, tenendo conto della complessità dell’Ucraina e della sua composizione demografica, della sua lunga e travagliata storia nella relazione ineludibile con la Russia. Per capirlo non c’è bisogno di cercare nella letteratura marxista-leninista, basta affidarsi alla lettura di un recentissimo articolo di Henry Kissinger, a meno che i democratici trinariciuti non considerino anche lui un pericoloso bolscevico.

Così scrive l’ex Segretario di Stato in un articolo comparso su La Repubblica del 7 marzo u.s.: «Troppo spesso la questione Ucraina viene vista come una resa dei conti, la scelta tra Est e Ovest. Ma se l’Ucraina vuole sopravvivere e prosperare non deve diventare l’avamposto di una parte contro l’altra, ma fare da ponte tra le due. La Russia deve ammettere che il tentativo di costringere l’Ucraina a diventare uno stato satellite, spostando nuovamente i confini russi, condannerebbe Mosca a rivivere cicli fini a se stessi di pressioni reciproche nei rapporti con l’Europa e gli Usa. L’Occidente deve capire che per la Russia l’Ucraina non potrà mai essere un Paese straniero. La storia della Russia iniziò nella cosiddetta Rus’ di Kiev (…) Persino dissidenti famosi come Aleksandr Solzhenitsyn e Joseph Brodsky dichiararono l’Ucraina parte integrante della storia russa (…) La politica dell’Ucraina dopo l’indipendenza dimostra chiaramente che la radice dei problemi sta nei tentativi da parte dei politici ucraini di imporre il proprio volere su controparti restie, a fazioni alterne. È questa l’essenza del conflitto tra Viktor Yanukovic e la sua principale rivale politica, Yulia Timoshenko. Essi rappresentano le due fazioni dell’Ucraina e non sono disposti a condividere il potere. Sarebbe saggio da parte Usa cercare di trovare il modo di portare le due componenti del Paese a cooperare. Dovremmo puntare alla riconciliazione, non al predominio di una fazione sull’altra. Né la Russia, né l’Occidente e tantomeno le varie fazioni ucraine – continua l’ex segretario di stato Usa Kissinger -, hanno agito sulla base di questo principio.

Tutti hanno peggiorato la situazione. La Russia non sarà in grado di imporre una soluzione militare se non isolandosi, quando molti dei suoi confini sono già precari. Per l’Occidente, la demonizzazione di Vladimir Putin non è una politica, bensì un alibi per l’assenza di quest’ultima (…) Questo è a mio giudizio l’esito compatibile con i valori e gli interessi di sicurezza di tutte le parti: 1- L’Ucraina dovrebbe avere il diritto di scegliere liberamente le proprie associazioni economiche e politiche, incluse quelle con l’Europa. 2- L’Ucraina non dovrebbe aderire alla Nato, come da me sostenuto sette anni fa quando se ne pose l’ultima volta l’ipotesi».

I tempi sono davvero duri se per avere un’analisi minimamente equilibrata bisogna ricorrere alle parole di buon senso di un vecchio reazionario.