Thief è il «reboot» sviluppato da Eidos Montreal (gli stessi di Deus Ex: Human Revolution) e pubblicato da Square Enix (per PC, PS3 e 4, Xbox360 e One). Nonostante il titolo in sé possa dir poco ai più giovani, i tre titoli della saga sono stati un vero «cult» per gli appassionati di giochi «stelth»: Thief: The Dark Project, Thief II: The Metal Age e Thief: Deadly Shadows (i primi due sviluppati da Looking Glass rispettivamente nel 1998 e 2000 e il terzo da Ion Storm nel 2004). Nella lunga attesa il mondo immaginario della Città, un mix tra steampunk e dark fantasy, è stato oggetto di un gran numero di mod e di fan art (romanzi e racconti, musica, video, ecc.) di cui si possono trovare esempi nel sito di fan art completamente dedicato alla saga: http://www.thief-thecircle.com/.

Il nuovo Thief cerca contemporaneamente di gratificare i vecchi fan e di piacere a quelli nuovi. Probabilmente questo è il principale motivo delle imperfezioni presenti nel titolo, imperfezioni tuttavia che, a loro modo, lo rendono per certi versi ancor più interessante. Partiamo dalla eccessiva linearità. Il comodo puntatore fa venire alla mente la spassosa serie di machinima If Doom was done today di Chubzdoomer (presenti su YouTube), dove l’autore mette in scena un Doom in cui non è possibile esplorare liberamente, con l’obiettivo sempre segnalato e con continui consigli di stato come in uno degli ultimi Call of Duty.

La Città in cui è ambientato Thief non è particolarmente grande e la scelta dei percorsi da seguire non è poi così vasta anche se le missioni aggiuntive ampliano significativamente lo storyline anche perché ci sono tantissimi oggetti da rubare e collezionare. Il protagonista che impersoniamo, il re dei ladri Garrett, è abile a scassinare serrature ed a muoversi in maniera furtiva, ma non eccelle nei combattimenti e pertanto dovremo preferire l’evitare le guardie o il metterle fuori combattimento da lontano o di sorpresa, tenendo anche conto della scarsità di armi presenti che raramente si trovano in giro ma che vanno acquistate dagli appositi rivenditori (anche quando sarebbe logico trovare qualche freccia addosso ad un arciere abbattuto). Assolutamente impari il confronto diretto anche perché l’unica arma bianca a disposizione è una sorta di bastone con artigli che serve principalmente per arrampicarsi sulle pareti. In compenso i soldati che ci troveremo di fronte seguono pattern di pattuglia molto limitati e non è un’esagerazione dire che a malapena vedono ad un palmo del loro naso.

La Città poi ha un’estetica che rimanda alle architetture del nord Europa del ‘600, con una doppia illuminazione, una «normale» a torce e lampade, ed un’altra simile a quella elettrica che si accende e spegne con appositi interruttori, ottenuta mediante la «primeva», una sorta di pietra/sostanza magica che il Barone che governa sulla città immagina utilizzare per una rivoluzione industriale. Ma c’è anche un livello – forse il più bello di tutto il gioco – in cui Thief si trasforma in una sorta di Silent Hill in prima persona quando Garrett deve esplorare un manicomio criminale sull’Isola di Moira con gli esterni e gli interni che rimandano piuttosto al cupo Ottocento/inizio Novecento che ha generato anche l’Arkham Asylum. Le armi a disposizione sono quelle già presenti nei precedenti episodi: frecce normali, incendiarie, ad acqua per spegnere le torce, ecc. Garrett, eroe suo malgrado, ma sempre ben contento ogni volta che può intascarsi il bottino, a fianco dell’amico Basso, dovrà sconfiggere sia il Barone ed il suo pericoloso sgherro il Generale, sia Orion, il capo dei rivoltosi. E debellare la minaccia del morbo che, a partire dagli internati nella prigione di Moira oggetto degli esperimenti con la primeva, si è sparso per la Città.

Garrett ora, come in Batman ed altri titoli, può focalizzare la propria attenzione sugli oggetti rilevanti dell’ambiente che lo circonda (oggetti, porte, sporgenze a cui aggrapparsi, ma anche pericoli e trappole) e dispone di un sistema ruolistico di accrescimento del personaggio. Come in Splinter Cell, alla fine di ogni episodio otteniamo una valutazione sulle nostre performance anche in base al tipo di profilo – più aggressivo o defilato – che abbiamo tenuto.