Qualche giorno fa il giornalista britannico Edward Lucas ha scritto su The European Voice un articolo dove si spiega che è da anni che la fascia orientale dell’Ue, quella vissuta dall’altra parte della cortina all’epoca della guerra fredda, invia a Bruxelles segnali chiari sulla Russia.

La Polonia e baltici, soprattutto loro, hanno esortato l’Europa occidentale a non sottovalutare la politica imperiale di Mosca. Estonia, Lettonia e Lituania hanno denunciato a più riprese il fatto di sperimentare sulla propria pelle le velleità offensive del Cremlino, segnalando l’uso spregiudicato, da parte di quest’ultimo, delle minoranze russe (in parte discriminate, va detto). L’opinione di Lucas è che la crisi ucraina dimostra che l’Europa occidentale ha fatto molto male a non ascoltare con maggiore attenzione gli allarmi suonati dall’Est. Che ora, visto lo scenario devastante nell’ex repubblica sovietica, vede accrescere i suoi timori. Sotto molti aspetti inevitabili, tenuto conto del modo in cui a quelle longitudini la storia è fluita.

Una delle conseguenze è che in questo spicchio d’Europa, praticamente all’unisono, si evoca una maggiore copertura Nato. L’alleanza atlantica ha inviato nella regione truppe e aerei, a manovrare e sorvolare i cieli. Ma è poco, a sentire il ministro della difesa polacco, Tomasz Siemoniak. A suo avviso l’acquartieramento non deve prendere la forma di una risposta allo spostamento di truppe russe al confine con l’Ucraina, né fondarsi su una rotazione periodica, come i vertici della Nato penserebbero di fare. Piuttosto, deve avere una natura permanente. Una posizione condivisa dal governo romeno, che teme che il fattore ucraino sconfini nella vicina Moldova, fornendo pretesti ulteriori alla sua entità separatista, la Transnistria. La tutela Mosca, come noto.

Di questi tempi, a est, la questione ucraina e quella dei rapporti euro-russi sono piombate al centro del dibattito politico-elettorale. In Polonia la Piattaforma civica, il partito centrista del primo ministro Tusk, dovrebbe vincere le europee del 25 maggio proprio grazie all’enfasi riposta sul tema della sicurezza e del contenimento della Russia. Fino a qualche settimana fa i sondaggi lo davano in difficoltà. In Lituania, oltre alle europee, si terrà il ballottaggio delle presidenziali. Dovrebbe affermarsi senza problemi il capo dello stato uscente, Dalia Grybauskaite, ex commissaria europea.

Al primo turno, domenica scorsa, ha ottenuto il 46% delle preferenze. Una scorpacciata dovuta anche, riporta il Wall Street Journal, al tono perentorio contro il putinismo e a favore dell’integrazione dell’Ucraina in Europa. Con più o meno retorica, molti altri governanti dell’Est la pensano allo stesso modo.
Il paradosso è che la relazione tra la percezione che si ha del Cremlino e gli affari che vi si fanno è direttamente proporzionale. L’Europa centrale, i baltici, la Romania e la Bulgaria (quest’ultima è comunque tendenzialmente filorussa), hanno con Mosca legami energetici e commerciali più consistenti rispetto al resto d’Europa. Il che significa che nel caso in cui Bruxelles dovesse innalzare il livello delle sanzioni verso Mosca e se quest’ultima dovesse replicare con qualche contromisura sui flussi del gas, sarebbe proprio il versante orientale dell’Unione europea a risentirne maggiormente.

E questa ipotesi, per quanto l’Ue si stia muovendo con cautela, non è così remota. Qualche numero. In molti paesi dell’Europa orientale l’interscambio con la Russia è più elevato rispetto a quello della Germania, almeno in termini percentuali. Il flusso di importazioni e di esportazioni realizzato da Berlino Mosca non arriva al 4%, sul totale. Il dato è più alto in Lettonia (13,1%), Polonia (8,6), Ungheria (5,6%), Slovacchia (6,5), Estonia (8,3) e Bulgaria (12,7). In Lituania arriva addirittura al 25,5%. Stessa musica sul gas. In Germania quello importato dalla Russia pesa al 40% sui consumi. In Ungheria al 47, in Polonia e Slovacchia al 60, in Repubblica ceca all’85. In Estonia, Bulgaria e Lituania sfonda quota 90. E la domanda che viene spontanea è questa: a est deve preoccupare più la Russia o la dipendenza dalla Russia?