Ogni giorno ti svegli e sai che troverai degli ostacoli, che dovrai oltrepassare i limiti e dovrai esporti. Sono le scritte che appaiono in alcuni video diffusi in rete dal teatro Valle occupato per lanciare la manifestazione per i beni comuni e contro le privatizzazioni e le grandi opere che ieri ha visto sfilare decine di migliaia di persone (50 mila per gli organizzatori) da piazza Repubblica a piazza Navona a Roma.

Nei video si vede una nuotatrice, una pallavolista, un tennista e un corridore impegnati a battersi contro gli ostacoli al diritto alla città e al trasporto, all’accesso ai beni comuni e alla cultura, agli spazi pubblici in dismissione e da rigenerare per esigenze abitative. «Il movimento fa bene» è il titolo di una campagna che ieri ha spinto molte persone a sfilare in tenuta da podista.

La nuotatrice invita ad immergersi nella città tuffandosi in una fontana. Con questo vuole invitare a mantenere il diritto al dissenso e a non temere il ministro degli interni Alfano vuole chiudere il centro di Roma alle manifestazioni per «evitare saccheggi» che non ci sono mai stati. In un altro video la pallavolista schiaccia la palla contro uno stendardo dell’Expo 2015 a Milano e segna un punto contro il sistema dei grandi eventi, e delle grandi opere che devastano i territori, assorbono milioni di euro in un modello di sviluppo che non redistribuisce ricchezza e amplifica il sistema della corruzione. Il tennista lancia la sua palla contro il muro invalicabile di una caserma, molte delle quali verranno dismesse, e chiede che siano usate come «patrimonio comune», affidate cioè ai comitati e ai movimenti che si stanno auto-organizzando in tutto il paese per gestire edifici, casali, territori, isole come Poveglia a Venezia e la sua laguna contro il passaggio di quei mostri galleggianti che sono le navi crociere.

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Dalla Sicilia con il movimento No Muos alla Valle di Susa con i No Tav, dalle reti campane di «Stop Biocidio» alla campagna contro il partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip ) dalla lista «L’Altra Europa con Tsipras» al Forum dell’Acqua pubblica passando per la Fiom, l’Unione Sindacale di Base, i Cobas e gli studenti di Link e dell’Uds, ieri a Roma è sfilato un corteo gioioso e colorato che ha mostrato la complessa articolazione delle questioni sociali, ambientali, abitative o economiche attorno alle quali si è riorganizzata l’opposizione sociale nel nostro paese. Dal palco improvvisato su un camion per i comizi finali gli organizzatori della manifestazione hanno più volte invitato ad un «salto di qualità nella costruzione di una rete tra i movimenti che si battono per i beni comuni utile a rafforzare anche le singole vertenze sui territori».

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Una richiesta che nasce dall’esigenza di non restare isolati in un contesto dove il dibattito pubblico è ancora saldamente ispirato dai parametri della cosiddetta «austerità espansiva»: il pareggio di bilancio; i tagli alla spesa pubblica per finanziare uno stentato rilancio dei consumi; il taglio del debito pubblico anche attraverso dismissioni e privatizzazioni.

In queste condizioni, come ha ricordato Luca Fagiano del coordinamento romano di lotta della Casa, lo spazio per il dissenso, come per un modello alternativo di società o sviluppo, viene cancellato insieme ad ogni possibilità di mediazione. Sgomberi violenti, divieti a manifestare, l’attacco vendicativo alle occupazioni delle case rappresentato dall’articolo 5 del «piano Lupi» sull’emergenza abitativa sul quale il governo chiederà la fiducia alla Camera lunedì prossimo, l’espropriazione dei beni comuni e culturali non sembrano offrire spazio per il possibile. Contro questa tendenza ieri è stata riconfermata l’esigenza di auto-organizzazione su base locale e nazionale tanto più viva quanto più avanza l’impoverimento di ampie fasce della popolazione, sottoposte a perdita del lavoro, del reddito, della possibilità di accesso ai servizi, ai danni ambientali.

«È stata una grande manifestazione molto partecipata – ha detto Paolo Carsetti del movimento per l’acqua – decine di realtà sono scese in piazza per ribadire il rifiuto alle privatizzazioni, nonostante i divieti della prefettura ad alcuni passaggi simbolici come quello in via Goito sotto la Cassa Depositi e Prestiti o in via XX settembre al ministero dell’Economia su diktat del ministro Alfano». Continua ad essere molto sentita la polemica sui numeri identificative delle forze dell’ordine in servizio. Si è parlato in questi giorni di fantomatiche micro-camere indossate dagli agenti in piazza, oppure dai loro caposquadra, per identificare presunti manifestanti violenti. Dopo un’accurata ricerca, svolta da parecchi manifestanti, nessuno le ha trovate addosso agli agenti schierati in gran numero per bloccare tutti gli accessi a Piazza Venezia, come in tutto il centro storico di Roma dove sono spuntate decine di camionette, anche con gli idranti, fino a piazza Navona.

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In compenso sono state notate le 350 pettorine indossate da altrettanti manifestanti. Sono state diffuse dal teatro Valle e dall’Angelo Mai in corteo nello spezzone «united commoners of europe rise up!» composto anche da studenti e precari. Ciascuna aveva stampato il nome di un musicista, di un filosofo, di un artista o un attore con il quale essere identificati. Da Marylin Monroe a Christo, da David Bowie fino a Nino Manfredi, un popolo di personaggi è sfilato ieri a Roma chiedendo di essere identificato per il valore singolare che ciascuno possiede.

Un minuto di silenzio è stato osservato in piazza Navona in memoria di Nicola Darcante, un operaio dell’Ilva di Taranto di 38 anni, padre di due bambini, morto per un tumore alla gola. Insieme a lui sono stati ricordati i 100 minatori morti in Turchia e le lotte contro il governo Erdogan e l’attivista zapatista Galeano ucciso dall’esercito messicano pochi giorni fa. Il movimento della casa tornerà a Montecitorio alle 16 di lunedì ancora una volta per protestare contro l’approvazione del «piano Lupi».