All’apparenza, la grande intesa è salva. La ministra della Salute Beatrice Lorenzin sorride, scherza e fa di tutto – in conferenza stampa – per dissimulare lo scontro aspro che si è consumato nella notte e nelle ore precedenti al Consiglio dei ministri di ieri che ha varato un decreto legge per «ripristinare» le «circa 500 nuove droghe e sostanze sintetiche che erano fuoriuscite» dalle tabelle sanitarie del testo unico sugli stupefacenti, ferme al 2006 dopo che la Corte costituzionale ha annullato la legge Fini-Giovanardi. Niente di più, assicura Lorenzin: «La norma interviene su aspetti amministrativi e non su aspetti penali, conseguenti alla sentenza della Consulta che ha portato a un vuoto normativo e ha prodotto un’emergenza. Per ciò che riguarda l’aspetto penale e la riconfigurazione dei reati – aggiunge la ministra in quota Alfano, e sembra più di una promessa – si avrà un approfondimento in sede interministeriale e in Parlamento, dove nei prossimi 60 giorni (durante l’iter di conversione del decreto, ndr) ci sarà tutto il tempo per rivedere questo testo ed emendarlo».

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Ma i tecnici dei ministeri competenti, in realtà, stanno ancora lavorando per trovare una quadra al problema che per qualche ora ha scosso la serenità dell’esecutivo. Perché poche cose, come la normativa sulle droghe, hanno il potere di far scricchiolare pesantemente la felice liaison Renzi-Berlusconi. «È fantastico, ci saremmo scontrati in una riunione che è durata in tutto 40 minuti!», a domanda ribatte frizzante Lorenzin. Eppure, rivendicano fonti di via Arenula, solo la «resistenza» del Guardasigilli Andrea Orlando avrebbe scongiurato il tentativo di ripristinare la legge spazzata via dalla Consulta usando peraltro lo stesso escamotage di allora, sanzionato dai giudici costituzionalisti. Con una procedura di necessità e urgenza, Lorenzin – con il tifo esterno di molti esponenti del centrodestra come il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, per esempio – avrebbe voluto riscrivere la normativa sugli stupefacenti. Con un’azione apparentemente innocua, contenuta nel testo pronto per essere varato dal Cdm e sul quale il ministro di Giustizia avrebbe posto un veto: il raggruppamento di tutte le sostanze in due uniche tabelle, anziché le quattro previste nella legge Jervolino-Vassalli che oggi rivive. In questo modo, di fatto, si sarebbe tornati alla parificazione di tutte le condotte e di tutte le sostanze, “pesanti” e “leggere, con l’innalzamento delle sanzioni per i reati connessi alla cannabis e ai suoi derivati (dai 2-6 anni di carcere agli 8-20 previsti per le droghe pesanti). In barba alla sentenza della Corte costituzionale.

Tanto da far esultare il padre della legge più criminogena dell’ordinamento italiano: «Direi proprio che le tabelle sono tornate quelle di prima. Non c’è la distinzione tra droghe leggere e pesanti – esultava Carlo Giovanardi poche ore dopo la conclusione del Cdm – Il futuro confronto parlamentare sulle norme penali da applicare agli spacciatori – aggiungeva in serata esplicitando un punto di vista condiviso anche dalla ministra Lorenzin – dovrà avvenire non sulla base di pregiudiziali ideologiche o slogan senza fondamento, come quello lanciato dalla responsabile della Giustizia del Pd, Alessia Morani, che ha falsamente affermato che la Corte costituzionale avrebbe stabilito una differenziazione fra le cosiddette droghe leggere e pesanti, mentre in realtà la Corte si è limitata a determinare un discutibilissimo vizio procedurale nella approvazione della Fini-Giovanardi, senza entrare nel merito della questione».

Ieri sera, però, sebbene fonti di Via Arenula assicuravano che i tecnici di entrambi i ministeri – Giustizia e Salute – avrebbero già trovato un compromesso, inserendo nel testo unico 309/90 tre tabelle, di cui una, la seconda, dedicata esclusivamente a tutti i derivati della canapa, in modo da non stravolgere le fattispecie di reato previste dall’articolo 73, che poi è il cuore della legge, in molti hanno esplicitato forti preoccupazioni su quello che si prefigura evidentemente come uno “stupefacente” tentativo di raggiro del diktat della Consulta. È Nichi Vendola il primo a lanciare l’allarme su Twitter con l’hashtag «#cannabis»: «Consulta boccia Porcellum e il governo con l’Italicum vara legge simile –scrive il presidente di Sel – Consulta boccia l’inutile e feroce legge Fini-Giovanardi e il governo la reintroduce. Fermatevi!!!». Per Franco Corleone, garante dei detenuti di Firenze, il ripristino delle tabelle è «un cavallo di Troia per intervenire pesantemente su tutta la legge e in particolare sugli aspetti penali. È chiaro – aggiunge – che volevano fare un colpo di mano che non gli è riuscito. Ma la partita è apertissima e ognuno deve assumersi le proprie responsabilità». Mentre il capogruppo di Sel in commissione Giustizia, Daniele Farina, avverte: «Li abbiamo fermati ma adesso l’iter di conversione va seguito passo dopo passo. Sarebbe assolutamente utile – aggiunge Farina che è il primo firmatario della proposta di legge sulla regolamentazione della coltivazione domestica della cannabis –che la commissione Giustizia della Camera venisse associata a quella degli Affari sociali in sede referente».