Un elfo, un folletto, una magia: questa è Lorenza Mazzetti, ancora oggi come ai
tempi del Free Cinema inglese. Se ci si accosta alla sua storia se ne
resta frastornati, come se si potessero ascoltare le mille e una notte.
Eppure su di lei a un certo punto calò il silenzio e l’oscurità di un
processo creativo, lei stessa si immerse in questa oscurità da
rielaborare a lungo per riemergere poi nuovamente emergere con forza in
questi ultimi anni. Non che sia stata mai ferma, lo dimostra in Puppet
Theatre che ha continuato a dirigere. Sellerio ha appena pubblicato il
suo “Diario londinese” che sarà presentato giovedì 13 marzo alla Casa del cinema di Roma (ore 18.30).
Dedicammo un numero speciale di Alias a Lorenza
Mazzetti lo scorso anno, per farne conoscere il posto centrale che le
spetta nella storia del cinema e nelle pagine di questo libro ritroviamo
amplificate e rese fantasmagoriche i racconti che ci faceva, a volte
saltando i particolari più dolorosi, come abituata a strappare solo il
succo della vita. Ci raccontava con sprazzi vividi dei tempi della
swinging London e noi ci concentravamo più sulle storie di cinema, per
focalizzare il suo ruolo centrale nella nascita del Free cinema che
infatti fondò con un vero e proprio manifesto insieme a Lindsay Anderson
e Karel Reisz (a cui si aggiunse poi Tony Richardson).
Quando arrivò a Londra appena diciottenne aveva già vissuto esperienze devastanti,
trucidata la zia adottiva e le due cuginette dai nazisti, suicida per
dolore lo zio Robert Einstein, cugino del celebre Albert che talvolta
andava a trovarli nella villa in Toscana. Poi improvvisamente priva di
quel sostegno economico a cui era abituata e che il tutore aveva perso
in una speculazione sbagliata e a lungo separata dalla gemella «Baby»,
sostegno spirituale della sua vita.
Nel libro i suoi racconti esplodono di mille particolari sconvolgenti,
il dolore che non si placa e riemerge nel sonno, la solitudine. Ma quasi
inscindibile anche l’indomabile forza a dispetto di tutto emerge da
queste pagine e fa restare senza fiato per come Lorenza Mazzetti riuscì
a reinventare la sua vita a partire dal suo talento nel disegno (e nel
libro ci sono alcune sue tavole, ritratti dei suoi storici collaboratori
oltre che le fantastiche fotografie di quegli anni), dalle
frequentazioni di alta cultura che aveva accumulato nei suoi primi anni
di vita, dall’ansia di vivere a dispetto della incomprensibile tragedia
che aveva colpito la sua famiglia. È infatti una sensazione di energia e
allegria e speranza creativa che ti prende leggendo queste pagine. E
anche di orgoglio, poiché lei rappresenta una delle grandi registe
emblematiche in un periodo in cui le donne restavano nelel retrovie del
cinema.
La sensazione oscura di smog e nebbia, di musica jazz, riempie di
atmosfere e personaggi il suo esordio «K» dedicato alle
“Metamorfosi” di Kafka, realizzato grazie a un’assoluta
libertà di pensiero e azione, proprio come ci hanno insegnato i più
celebri ladri di cinema, semplicemente prendendo la cinepresa, portando
tutto a far sviluppare a cura del Bfi presso cui si era imposta come
studentessa, montando il film nella sua stanza. Free cinema, libro,
personale, libero dal chiuso degli studi e dalla prigione delle
convenzioni, utilizzando frazioni anomale di immagini e sonoro, una
tendenza inarrestabile che sarà anche quella adotatta dalla giovane
generazione delle nouvelle vagues europee degli anni sessanta. In
“Toghether”]fa planare nella zona portuale due
sordomuti perseguitati da un’orda di ragazzini schiamazzanti che loro
non possono sentire, il sotto proletariato messo in scena come mai
prima, ma soprattutto la messa in scena della sensazione di estraneità
totale e solitudine.
Per conoscere almeno alcuni film chiave del Free Cinema alla Casa del
Cinema dopo la presentazione dle libro di Lorenza Mazzetti con Irene
Bignardi, Giacomo Martini coordinati da Antonio Gnoli ci sarà la
proiezione di “K” (del ’53) e “Together” (del ’56), venerdì 14 “Sabato sera domenica
mattina” di Karel Reisz (’60), “Sapore di
miele” di Tony Richardson (’61) interpretato da Rita Tushingham
che divenne con Julie Christie il volto di tutta la corrente. Domenica
16 “If…” (’68) di Lindsay Anderson, Palma d’oro a
Cannes ’69, manifesto di una generazione di studenti non solo inglesi.
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