«Assassina maledetta», «Dovevano lasciarti marcire sotto 300 metri di terra», «Guardati le spalle», «Parassita», «Ingrata verso la Patria», «Se vieni a Riccione, avrai una bella sorpresa», tralasciando le minacce infami e sessiste. Dulcis in fundo, la foto di una pistola e l’invito a «bruciare in piazza» il suo ultimo libro sulla Primavera Araba. Obiettivo del cecchinaggio verbal-intimidatorio è la nostra Giuliana Sgrena.

Il continuo delirio squadrista della destra estrema – basta vedere l’inneggiare a Hitler dei siti in questione – sarebbe «motivato» dai giudizi sulla crisi dei «due Marò». Per la quale Giuliana, memore della sua vicenda irachena, ha più volte denunciato, contro l’insopportabile coro generale, che l’Italia preferisce «far valere l’obsoleta consuetudine dello zaino e della bandiera (un militare risponde solo al paese di provenienza) e considerare danno collaterale la morte di due pescatori indiani disarmati».

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Le aggressioni insistono anche sulla tragedia della morte di Calipari. Della quale, per le farneticazioni degli squadristi su web – scatenati appena Giuliana ha annunciato la sua candidatura nella Lista Tsipras – sarebbe responsabile lei, non i soldati Usa e i governi guerrafondai di Bush e Berlusconi in Iraq. Questa storia parla di noi, non solo di queste perverse elezioni: è la storia del manifesto che si riconosce nel lavoro di Giuliana.

La pensiamo allo stesso modo. Insultateci tutti