Sono stati in piazza e hanno fatto sentire la loro voce, si sono scontrati con i poliziotti e hanno esultato, mostrando la bandiera del loro partito, quando le forze di sicurezza hanno desistito dallo sgomberare la sede del comune di Kiev, occupata qualche giorno dopo l’inizio delle dimostrazioni contro il governo e il presidente Viktor Yanukovich, lo scorso 21 novembre. Ma tutto sommato i militanti di Svoboda, partito ultra-nazionalista, finora s’erano mimetizzati. Erano stati uno dei segmenti della protesta.

Mercoledì, il primo gennaio, hanno invece dispiegato la prova di forza e si sono presi tutta la ribalta mediatica. Almeno 15mila persone hanno marciato, impugnando fiaccole, nel pieno centro della capitale ucraina. I cori scanditi: «Gloria all’Ucraina», «morte ai nemici». Il motivo della manifestazione: il centocinquesimo anniversario della nascita di Stepan Bandera, capo politico della più radicale e violenta delle due costole dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (Oun), movimento che durante la seconda guerra mondiale promosse la nascita di uno stato ucraino indipendente, fondato su criteri etnici.

L’Oun ebbe la sua culla nelle attuali regioni occidentali dell’Ucraina. Fecero parte dello stato polacco fino al 1939, quando quest’ultimo, in virtù del patto Ribbentrop-Molotov, fu dissolto dalla Germania nazista e dall’Urss. Da allora alla fine del conflitto gli uomini di Bandera, inquadrati nell’esercito insorto ucraino (Upa), non si schiodarono dalla trincea. Bandera instaurò un rapporto di collaborazione con il Terzo Reich (il grosso degli storici dice più tattico che ideologico), si scontrò con l’Armata rossa, contribuì al massacro di migliaia di polacchi e secondo qualche fonte anche alle deportazioni degli ebrei. Dopo la guerra si stabilì a Monaco di Baviera e lì si spense, nel 1959. Ma al di là delle note biografiche, resta il marchio impresso da lui impresso sul ‘900. L’Ucraina occidentale divenne un orrendo laboratorio di violenza.

Il retaggio di Bandera non si limita ai soli libri di storia. La sua figura divide gli ucraini. Nelle regioni dell’est, più legate alla Russia e al mito della grande guerra patriottica combattuta da Mosca contro Hitler, viene visto come un collaborazionista. In quelle occidentali, più ancorate all’ucrainità, è per molti un eroe della patria. Della sua eredità se ne è appropriata Svoboda. E così torniamo al punto di partenza, alla manifestazione tenuta l’altro giorno dagli ultra-nazionalisti, guidati da Oleh Tyahnybok.

Non si è trattato solo di onorare Bandera, ma di rimarcare che Svoboda, che alcuni giudicano impregnato di razzismo, se non di neonazismo, sa mobilitare e può ambire in futuro a crescere in termini di consenso (prese il 10,44% alle politiche del 2012). Il punto, infatti, è che benché si siano sforzate in queste settimane di mostrarsi unite, facendo fronte comune contro il presidente Viktor Yanukovich, accusato di aver rifiutato l’integrazione europea per vendersi a Mosca, dalla quale ha da poco ricevuto 15 miliardi in finanziamenti e un taglio corposo sui costi del gas, le forze dell’opposizione corrono una gara parallela in cui ognuno cerca di tirare acqua al proprio mulino. Il che potrebbe persino avvantaggiare Viktor Yanukovich, che nei primi mesi del 2015 conta di confermarsi alla presidenza.

Il vantaggio competitivo che potrebbe avere Svoboda sugli altri partiti dell’opposizione sta proprio nel nazionalismo radicale, nel linguaggio aggressivo, nel ragionare più di pancia che di testa, nell’alternatività rispetto alla postura istituzionale del partito della Tymoshenko, (Patria) e di quello di Vitali Klitschko (Udar). Il primo si colloca su una linea patriottica-conservatrice, il secondo tende al centrismo.

Resta da vedere se Svoboda saprà imporsi anche fuori dal suo tradizionale steccato di consensi, vale a dire i distretti di Leopoli, Ivano-Frankivsk e Ternopil, tutti all’ovest. Sono le stesse terre dove Bandera imperversò. Nel 2012 ottenne qualche buon voto (di protesta) anche a Kiev, ma da est, dove Yanukovich fa il pieno, riportò solo le briciole. Difficile che possa ribaltare il copione e scrollarsi di dosso l’etichetta di partito regionale. La cosa certa, comunque, è che l’estrema destra europea ha una sua non trascurabile variante ucraina.