Gestione delle proprietà del patrimonio del comune di Napoli percepite come «beni comuni» attraverso la fruizione collettiva di associazioni e gruppi che ne faranno richiesta, inclusione nella categoria di «beni comuni» degli spazi privati abbandonati. Questo l’oggetto di due delibere di giunta che verranno sottoposte al voto del consiglio. A seguirne l’iter gli assessori Fucito e Piscopo, il cammino si è sviluppato all’interno dell’Osservatorio sui beni comuni: «E’ la prima volta che si applicano gli articoli della parte prima, titolo terzo della nostra Costituzione» spiega Paolo Maddalena, docente di diritto romano e giudice costituzionale fino al 2011. «L’ombra lunga della borghesia – prosegue – ha messo in secondo piano la nostra Carta, che tutela i diritti delle persone, per dare forza unicamente alle norme derivanti dallo Statuto albertino, che privilegiano la proprietà. Ma l’articolo 42 ci dice che la proprietà ha tutela giuridica solo se ha finalità sociali. Ci daranno battaglia, ma siamo attrezzati a rispondere. Oggi gli enti locali sono costretti a indebitarsi, i privati comprano il debito incamerando il territorio. Un circolo che produce distruzione. Va invertito il rapporto: la sovranità sul territorio appartiene al popolo che la esercita attraverso gli enti locali».

L’intenzione del comune è assegnare i propri spazi (tra cui 391 beni del Demanio di cui l’amministrazione ha fatto richiesta) attraverso bandi pubblici. Tutta da organizzare la ricognizione degli spazi di proprietà o assegnati in concessione ai privati in stato di abbandono. Si tratta di immobili destinati ad attività industriali o commerciali non più in uso (quartieri come Barra e Gianturco testimoniano la desertificazione industriale in atto); edifici a destinazione abitativa mai completati o abbandonati per incuria o costi di manutenzione; terreni incolti o incoltivabili; orti urbani non più curati. Il procedimento per l’acquisizione prevede che il sindaco inviti con atto notificato il proprietario a ricostituire una funzione sociale sul bene. Il proprietario deve rispondere entro 150 giorni, altrimenti si procede con la diffida a presentare le proprie deduzioni nel termine di 60 giorni. In caso di mancato riscontro, l’amministrazione deciderà, attraverso le consulte civiche, la destinazione del bene, procedendo all’acquisizione. Se lo stato di abbandono è accertato non è previsto risarcimento.