La protesta degli indignati è ritornata alle porte del parlamento, circondato, sabato scorso (nella foto Reuters) da migliaia di persone convocate ancora una volta dalla piattaforma 25-S.
I tagli e le politiche di austerità, che continuano a sferzare una cittadinanza sempre più esasperata, questa volta c’entrano solo marginalmente: il principale bersaglio della contestazione è stato, infatti, la cosiddetta «legge bavaglio», nome con cui è ormai conosciuta la Ley de seguridad ciudadana (legge per la sicurezza cittadina) del ministro degli Interni Jorge Fernández Díaz. La normativa – il colpo di mano più oscurantista e reazionario perpetrato finora dal governo conservatore del Partido Popular – entrerà in vigore nei prossimi mesi e limiterà drasticamente il diritto di manifestazione: partecipare ad un corteo non autorizzato sarà considerato un reato e – se il testo venisse approvato senza modifiche – verrà sanzionato con una multa dai 30mila a 60mila euro; saranno penalizzate anche altre forme di contestazione pacifica, come gli escraches (i presidi ai domicili dei politici), e persino la diffusione di immagini e video della polizia nell’esercizio delle sue funzioni. Un bavaglio vero e proprio che, se da un lato cerca di soffocare le sempre più numerose voci di proteste, dall’altro rivela palesemente la paura del dissenso del governo di Mariano Rajoy, tant’è che alcuni giuristi hanno parlato di «criminalizzazione della dissidenza politica e di un attacco a diritti fondamentali della democrazia». La legge di sicurezza cittadina segue inoltre all’aumento del 40% dei costi dei processi amministrativi, che – proprio mentre le multe e le condotte sanzionabili crescono esponenzialmente – restringe l’accesso dei cittadini alla giustizia. Uno scacco in due mosse alla libertà di espressione, che sarà peraltro accompagnato da una «revisione» del codice penale, voluta dal titolare della Giustizia Alberto Ruiz-Gallardón, già firmatario della polemica legge contro l’aborto. Le modifiche previste porteranno, tra l’altro, alla reintroduzione dell’ergastolo, edulcorato da un eufemismo che è una grottesca contraddizione in termini: «carcere a vita reversibile». Una riforma «innecessaria e illegittima», secondo il portavoce di Jueces por la democracia (Giudici per la democrazia) José Luis Ramírez, che (come la «legge bavaglio») è espressione della sola volontà del Partido Popular, il quale, grazie alla maggioranza assoluta, detta – letteralmente – legge tra gli scranni del parlamento.
Tutti questi temi sono confluiti nella manifestazione di sabato, sorvegliata da circa 1500 poliziotti in assetto antisommossa schierati a presidio della camera dei deputati. Un dispiego di forze che ha suscitato l’indignazione dei manifestanti: «È vergognoso reprimere un movimento popolare con 1500 poliziotti, mentre il paese è pieno di corrotti e criminali», ha gridato in un megafono uno dei portavoce della piattaforma del 25-S all’inizio della manifestazione. Poi altri slogan sono stati rivolti alle mura sorde parlamento («voi, fascisti, siete i terroristi», «Franco è tornato», tra i più taglienti) in un groviglio di cartelli con la scritta «No» e di bandiere repubblicane.
La manifestazione si è svolta senza intoppi fino alle ore 21, quando lanci di pietre e l’assalto ad una macchina della polizia da parte di alcune persone con il volto coperto hanno provocato le cariche della Policia Nacional e il ricorso ai famigerati proiettili di gomma. Gli incidenti si sono chiusi con 23 feriti (14 tra le forze dell’ordine) e l’arresto di sette manifestanti.