Un piano choc, di quelli che si possono sentire solo dentro una crisi. Che i sindacati hanno respinto con decisione: ma ci chiediamo se gli operai, spinti dal terrore di perdere il posto, non siano invece assaliti dal dubbio. E comunque, sarebbe sempre per disperazione. L’Electrolux ha praticamente subordinato la sua presenza in Italia e i suoi investimenti a una proposta che ha dell’incredibile: i dipendenti dei quattro stabilimenti del nostro Paese dovranno portarsi a livelli retributivi simili a quelli della Polonia (da 1400 euro a circa 700-800 euro al mese, un dimezzamento), altrimenti il loro posto di lavoro sarà seriamente a rischio.

Ma non si esclude anche che questa proposta così tranchant, non sia altro che un mezzo per velocizzare la rottura, e quindi passare di fatto – prossimamente – a una radicale ristrutturazione della presenza di Electrolux in Italia, a favore appunto della Polonia: dove siti Electrolux ci sono, costano parecchio meno (l’ora lavorata italiana costa ad esempio 24 euro, quella polacca intorno agli 11), e non aspettano altro che essere allargati, per ampliare la produzione. Lo stabilimento più a rischio sarebbe quello che nei giorni scorsi ha già creato «il caso Zanonato» e il litigio con la governatrice del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani: quello di Porcia, con 1200 operai, nel pordenonese.

Vediamo quindi nel dettaglio la proposta, almeno come è uscita ieri dopo l’incontro azienda-sindacati: oltre all’abbattimento del salario mensile, si prevede un decurtamento di tutte le voci accessorie, fino quasi ad annullarle. Si taglierebbe di ben l’80% il premio aziendale (oggi pari a 2.700 euro: diverrebbe circa di 540 euro), la riduzione delle ore lavorate a 6, il blocco dei pagamenti delle festività, il dimezzamento di pause e permessi sindacali e il blocco degli scatti di anzianità.
Un piano «lacrime e sangue» che i sindacati hanno già rigettato, e che oggi verrà discusso dai lavoratori nelle assemblee. E che Porcia sia lo stabilimento più a rischio, quello a stretto giro di posta nel mirino della multinazionale svedese lo confermano non solo alcuni punti del piano, come gli investimenti (si prevedono 28 milioni di euro per Forlì, 40 milioni per Solaro e 22 per Susegana: nulla per il sito friulano), ma anche le parole della stessa azienda.

Il responsabile della contrattazione di Electrolux Italia, infatti, conferma che per il momento per Porcia non c’è un piano, visto che è lo stabilimento che si è rivelato meno competitivo tra tutti, e che la decisione sul suo destino verrà presa in primavera: «Una decisione è attesa non oltre la fine di aprile – ha affermato Marco Mondini – Al momento il risultato dell’analisi su come garantire competitività sostenibile nella fabbrica di Porcia, e generare così le migliori condizioni per attrarre i futuri investimenti, è insufficiente».

Electrolux, per salvare Porcia, guarda ovviamente al costo del lavoro: la richiesta è dunque quella di riuscire ad abbattere significativamente i costi dello stabilimento di Pordenone da qui ad aprile, come si otterrà non importa. Infatti sul piatto potrebbero esserci non solo i sacrifici dei lavoratori, ma anche milioni freschi messi a disposizione dal pubblico: nei giorni scorsi giorni la Regione Friuli Venezia Giulia ha presentato un piano da 98 milioni di euro di interventi per rilanciare l’industria, mentre Unindustria Pordenone ha illustrato un contratto d’impresa che punta a ridurre il costo unitario del lavoro del 20%.

Insomma, lascia capire Electrolux, i giochi sono ancora aperti, purché però si giochi sul serio: «Aspettiamo nuovi contributi da tutte le parti al tavolo», conclude il responsabile contrattazione, in questo volendo dire che adesso tocca a sindacati e enti locali dire la loro, possibilmente individuando nuove (o diverse) fonti di risparmio.

Dal fronte dei sindacati, ora inizia la «lotta dura»: «Quello che temevamo è successo. Electrolux ha presentato un piano che è sostanzialmente irricevibile e ci impedisce di proseguire il confronto – dice Rocco Palombella, segretario della Uilm – È il tempo della lotta dura e a oltranza. Il governo, se c’è, almeno si faccia sentire».

Dalla politica arriva l’appello di Serracchiani – «Tenere aperti tutti i 4 stabilimenti italiani» – e una presa d’atto dal ministro Flavio Zanonato: «La qualità dei prodotti italiani è alta, ma abbiamo anche costi produttivi superiori a quelli dei nostri concorrenti».