Mikhail Kalashnikov, inventore dell’arma che Libération definiva «l’invenzione più importante del ’900», è morto ieri a 94 anni, a Izhevsk, Russia. Nato in Siberia, famiglia sterminata da Stalin, quando fu ferito all’inizio della della II guerra mondiale cominciò a lavorare su quello che nel 1947 diventerà l’Ak-47. Da lì seguirà in prima persona la produzione (100mila pezzi l’anno) fino ai 92 anni, cosa che non gli impedì di appoggiare nel 2006 la campagna mondiale contro la proliferazione delle armi da fuoco. «Quando vedo che civili inermi vengono uccisi da quei mitragliatori – ha detto una volta -, sono preso da ansia e rabbia. Mi tranquillizzo ripetendo a me stesso che ho inventato l’Ak-47 per proteggere la mia patria».

L’Ak-47 è divenuto talmente popolare che in alcuni paesi africani ai bambini viene dato il nome di Kalash ‘in onorè del leggendario fucile automatico, impiegato in tante guerre di liberazione per il suo prezzo accessibile e successivamente da tutti contro tutti. Nella Kamchatka nel luglio 2008 è stato eretto un monumento al mitragliatore, mentre il compositore serbo Goran Bregovic ha intitolato Kalashnikov una sua canzone. In Brasile c’è un liutaio che costruisce chitarre elettriche a partire da kalashnikov dismessi. Quando compì 90 anni l’allora presidente Dmitri Medvedev lo decorò con la medaglia d’oro definendolo l’inventore di «uno dei nostri migliori simboli nazionali». Ma Mikhail Kalashnikov non ha tratto molti benefici economici dalla sua invenzione, perché la Russia non gli ha mai riconosciuto i diritti di proprietà intellettuale. Negli ultimi anni lui ha deciso di ricavare qualcosa dalla sua «creatura» concedendo l’uso del suo nome per un ombrello, un orologio, un’auto e, manco a dirlo, una vodka. Due anni fa ha vinto una causa in Francia contro una società che voleva commercializzare una bevanda energetica chiamandola “Kalaschnikow”.