Il contenuto della legge sull’amnistia firmata da Viktor Yanukovich era chiaro: tutti i palazzi occupati devono essere sgomberati, pena la revoca del provvedimento. Azzera le accuse nei confronti di più di duecento persone, affiliate al movimento di protesta, che hanno preso parte agli scontri tra il 27 dicembre e il 2 febbraio. Tuttavia la ritirata di Euromaidan, come s’è autodefinito il campo anti-Yanukovich dall’inizio di questa pasticciata crisi, il 21 novembre, è stata solo parziale.
S’è posto fine all’occupazione del comune di Kiev e delle sedi dei governatorati di Leopoli, Ivano-Frankivsk, Poltava e Ternopil, nell’ovest del paese. Sono state inoltre rimosse alcune delle barricate erette intorno a ulica Grushevskogo, teatro principale del corpo a corpo tra dimostranti e sicurezza. Ma il palazzo dei sindacati e Casa Ucraina, uno spazio espositivo a ridosso di piazza Indipendenza, nel cuore di Kiev, rimangono nelle mani degli insorti. Le autorità, però, hanno evitato di impuntarsi. L’amnistia è scattata lo stesso. Da ieri.
Il motivo per cui Euromaidan ha solo in parte rispettato le condizioni dell’amnistia si presta a due letture. Da un lato i capi dell’opposizione, Vitali Klitschko, Arseniy Yatseniuk e Oleh Tyahnybok, che ribadiscono la richiesta di modifica della costituzione (travaso di poteri dalla presidenza al parlamento), intendono tenere alta la pressione. Dall’altro, è possibile che vogliano evitare che le frange più dure della protesta, tendenti all’estrema destra, si (ri)scatenino e mandino a monte i negoziati con Yanukovich.
Da questo punto di vista l’amnistia è un ulteriore passo in avanti, dopo il ritiro delle tanto contestate leggi anti-protesta (furono la benzina che innescò le violenze) e le dimissioni del primo ministro Mykola Azarov.
Le trattative, che riprendono oggi in parlamento, potrebbero sancire una svolta. Yanukovich sarebbe intenzionato a presentare il nome del nuovo primo ministro. In precedenza aveva offerto, invano, la carica a Yatseniuk.
L’ipotesi migliore è che il nome del nuovo capo dell’esecutivo, sempre che venga comunicato oggi, stia bene sia a Mosca sia agli occidentali. La Russia pretende garanzie solide, visto il credito massiccio da quindici miliardi di dollari concesso lo scorso dicembre. Ne sono stati liquidati solo tre. Il Cremlino vuole che Yanukovich non affondi. Putin non lo stima, ma al contempo non può farne a meno, se vuole conservare un’influenza su Kiev e tenerla dentro il progetto di Unione eurasiatica. Partirà nel 2015 e cementerà intorno alla Russia lo spazio post-sovietico. Proprio nel 2015, a febbraio, dettaglio tutt’altro che irrilevante, si terranno le presidenziali ucraine. A meno che non vengano convocate in anticipo, come auspica l’opposizione.
Ma il nuovo primo ministro, si diceva, non dovrebbe essere inviso a Bruxelles. Yanukovich sa del resto che la piroetta verso Mosca non dev’essere così radicale. Non ancora, quanto meno. Non solo perché Euromaidan potrebbe ritornare alla carica. Il fatto è che l’Ucraina finanziariamente non è stabilizzata. Mosca traccheggia sulle restati rate del prestito e le incertezze politiche, unite alla flessione complessiva delle monete dei paesi in transizione, dovuta alla riduzione degli stimoli della Fed all’economia americana, ha fatto collassare la hryvnia, la valuta locale. In altri termini, a Yanukovich conviene mantenere aperta una finestra sull’Europa, che sarebbe intenzionata a riproporre gli Accordi di associazione (il no di Yanukovich fece esplodere la rivolta), accoppiandoli a un piano di aiuti vergato dal Fondo monetario.
Ma come potrebbe conciliarsi con il prestito e con la posizione della Russia, che bolla le manovre europee come uno sfondamento nel cortile di casa? La domanda è sempre quella.
Chissà che a sbloccare la situazione non possa essere Angela Merkel, che ieri ha incontrato Vitali Klitschko a Berlino, esprimendo il sostegno europeo all’opposizione ucraina, ma scartando parallelamente l’ipotesi di sanzioni al regime caldeggiata dallo stesso Klitschko. La Germania vanta importantissimi rapporti economici con la Russia e questo è un fattore che potrebbe pesare, nella definizione di un equilibrio in Ucraina. Ammesso che si trovi, resta da vedere se e fino a quando potrà reggere.