Scarpe, molte scarpe, al termine delle cariche tra piazza Barberini e l’imbocco di via del Tritone. Marciapiedi disseminati dei kway azzurri del «Blu block» che ha fatto il suo esordio a Roma. E poi centinaia di bottiglie, qui e lì le bandiere rosse con il fulmine cerchiato simbolo del movimento della casa nella Capitale. Si presentava così l’asfalto, a pochi minuti dalle cariche di polizia e carabinieri che hanno spazzato via il corteo nazionale contro il «Jobs Act» e il piano casa del governo Renzi.

Quelle che il capo della polizia Alessandro Pansa ha definito come «due cariche di alleggerimento» sono state in realtà dure e fulminee. Sono iniziate da via Barberini e hanno respinto il corteo di 20 mila persone partito dopo le quattro di ieri pomeriggio da Porta Pia, sede del ministero delle Infrastrutture, titolare del «piano casa». La seconda carica è stata quella di una trentina di agenti della polizia proveniente da Via Veneto, sede del ministero del Welfare che insieme al lavoro cura il decreto legge che precarizza ulteriormente i contratti a termine e la legge delega che riformerà gli ammortizzatori sociali estendendo l’Aspi ai cocopro.

La carica ha respinto poco più di un centinaio di manifestanti, un blocco vestito in nero e altri due spezzoni indossavano il Kway azzurro. L’attesa dello scontro è durata più di mezz’ora. La testa del corteo composta da centinaia di famiglie, in maggioranza migranti, è arrivata dopo le cinque in una Via Veneto sbarrata da camionette della polizia e dei carabinieri. Dopo un primo lancio di ortaggi e uova, la testa è rifluita verso la piazza, mentre gli altri manifestanti hanno iniziato a lanciare petardi provocando la reazione della polizia.

Una volta ritornati in piazza, le forze di polizia hanno travolto le migliaia di manifestanti inermi e l’impatto è stato violento, come testimoniano i video presenti già ieri sera in rete. È durato poco più di 20 minuti e ha fatto molti feriti tra i manifestanti. Sette di loro sono stati soccorsi dall’Ares 118 e trasportati in vari ospedali: il San Giovanni, l’Umberto I, il Santo Spirito e il Fatebenefratelli. Un agente si è fatto medicare per l’esplosione di una bomba carta. Sei manifestanti sono stati fermati tra via Veneto e piazza Barberini. In mattinata, prima del corteo, una trentina sono stati identificati.

L’episodio più drammatico è stato quello di un uomo di 47 anni originario del Perù che ha perso le dita di una mano a causa dell’esplosione di un petardo. Alcune testimonianze riferiscono che lo abbia scambiato per uno dei lacrimogeni esplosi durante le cariche. L’ha ripreso da terra con l’intenzione di allontanarlo, ma gli è esploso in mano. Per lunghi, tremendi minuti, i manifestanti e il personale sanitario intervenuto sul posto si sono messi alla ricerca delle dita saltate che non sono state trovate. È stato trasportato al Policlinico Umberto I, forseperderà la mano. Un’immagine sconvolgente, tra imprecazioni e dolore, molto lontana da quella vetrina internazionale che è diventata Via Veneto, sospesa tra menu turistici e una lontana mitologia.

Il corteo si è poi ricompattato rifluendo verso il tunnel sotto il Quirinale, ritornando a Porta Pia dove altri manifestanti si sono fatti medicare. Stanotte gli attivisti hanno pernottato nella piazza e stamattina alle 11 ci sarà un’assemblea. Anonymous ha rivendicato nel frattempo l’«oscuramento» del sito del presidente del Consiglio Renzi.

Dura la presa di posizione del sindaco di Roma Marino che ha parlato di una «violenza che colpisce l’intera città. «Ringrazio le forze dell’ordine per il lavoro svolto, sono vicino agli agenti feriti – ha detto – Mi auguro che si possa tornare ad affrontare in sede di governo l’emergenza casa».

Paolo Di Vetta, dei Blocchi precari metropolitani tra i protagonisti della lotta per la casa a Roma, analizza in maniera problematica il passaggio della manifestazione di ieri. Rispetto ai cortei con i sindacati di base del 18 e del 19 ottobre, ieri la partecipazione è calata, da 70 mila a 20 mila. A suo avviso, il percorso è «stato costruito in solitudine».

«Non c’è stata la stessa spinta – afferma – il percorso che allora si era risolto in una mobilitazione di due giorni, ieri non ha funzionato su una giornata. C’è da capire se il meccanismo dell’assedio convince ancora». In vista del vertice europeo sulla disoccupazione, previsto l’11 luglio a Torino, i movimenti hanno preparato un’agenda fitta di mobilitazioni.

«Bisogna fare una riflessione su come andare avanti e trovare un linguaggio comune – continua Di Vetta – l’opposizione alle politiche sociali e del lavoro del governo Renzi coinvolge molti soggetti, bisogna ora capire come incontrare il disagio diffuso che queste politiche stanno evidentemente creando».

Di Vetta critica la repressione subita nelle ultime settimane dal movimento romano della casa. Agli arresti domiciliari, poi rientrati, per la manifestazione romana del 31 ottobre 2013 che hanno interessato esponenti dei Bpm e del coordinamento cittadino di lotta per la casa, è seguita l’accusa di “associazione a delinquere” ed estorsione al comitato popolare di lotta per la casa e all’Angelo Mai. “I nostri percorsi sono diversi – afferma – ma è in atto un tentativo di leggere gli strumenti di organizzazione dei movimenti per la casa come strumenti di sopruso. E’ un’operazione pericolosa da respingere”.

Luca Fagiano, del Coordinamento cittadino di lotta per la casa, riconosce il problema anche se il bilancio è positivo. «La manifestazione di ieri leggiamola come l’inizio della contestazione al governo Renzi che deve crescere. Questo è un momento carico di illusioni prodotto dal miraggio di posti di lavoro – afferma – Questo velo fa squarciato. Ora la sfida è farlo capire a tante altre persone e allargare la mobilitazione». «Praticare l’assedio ha voluto dire farlo – sostiene Gian Marco De Pieri, attivista dei Centri Sociali Nordest-Emilia Romagna-Marche – Come tutti i conflitti sociali fanno male e fanno vedere un altro paese». Al centro resta l’idea di riforma del welfare basata su una «redistribuzione della ricchezza con un reddito di cittadinanza svincolato dal lavoro».