La Ue cerca la «bussola» per delineare una strategia europea di difesa. Un’accelerazione viene dalle lezioni dell’Afghanistan, il ritiro statunitense senza concertazione con gli alleati ha creato forte preoccupazione e grande incertezza tra i 27, che si rendono conto di dover costruire un margine di autonomia.

A KRANJ, la capitale delle Alpi slovene (Lubiana ha la presidenza semestrale a rotazione del Consiglio Ue fino a dicembre), dopo una riunione dei ministri della Difesa il 1° settembre, a cui hanno partecipato il vice segretario generale della Nato, Mircea Geoana e il vice per le operazioni di pace, Jean-Pierre Lacroix, ieri e oggi è stata la volta dei ministri degli Esteri, in un meeting informale, con la presidenza di Mr.Pesc, Josep Borrell.

A Marsiglia, delle conseguenze della disfatta afgana hanno discusso, tra altri temi primo tra tutti l’immigrazione, Emmanuel Macron e Mario Draghi. Il primo ministro italiano era invitato a cena ieri sera ai margini dell’inaugurazione del Congresso mondiale per la conservazione della natura, sulla biodiversità, tema centrale su cui la Ue prepara delle iniziative per l’autunno, in vista della Cop15 in Cina.

L’ITALIA È TRA I PAESI che riflettono alla possibilità di una «coalizione dei volontari», cioè una cooperazione rafforzata all’interno della Ue, con Francia, Olanda, Belgio, Lussemburgo e Germania (dove la discussione si infiamma e i partiti si dividono a 20 giorni dalle legislative) sulle questioni della difesa europea. L’Italia cerca di organizzare una riunione straordinaria del G20, di cui ha la presidenza, sulle conseguenze della crisi afgana. La Francia, dopo la presa di posizione di Macron sulla «morte cerebrale» della Nato alcuni mesi fa, ha dovuto incassare al Consiglio di sicurezza dell’Onu la settimana scorsa il rifiuto di una «safe zone» all’aeroporto di Kabul (o altrove in Afghanistan), proposta assieme alla Gran Bretagna.

Adesso la Ue ha sul tavolo la discussione di un «strategic compass», una «bussola» che sarebbe l’ultima tappa dell’accelerazione degli sforzi per approfondire la cooperazione europea in materia di difesa.

L’OBIETTIVO sarebbe di arrivare a un testo già a ottobre-novembre, per approvare l’iniziativa sotto presidenza francese, nei primi mesi del 2022. Si tratta di un insieme di dispositivi, che vanno dalla gestione delle crisi eventuali future, per non ripetere lo scacco europeo a Kabul, la resilienza, lo sviluppo delle capacità e delle partnership, per i diplomatici si tratterebbe di «correggere la dottrina Ue» attuale per arrivare, a termine, a una cultura strategica comune.

NON SARÀ A 27, perché nella Ue coesistono storie e posizioni molto diverse, tra paesi con un esercito potente (la Francia è ormai la sola potenza nucleare della Ue, dopo la Brexit) e paesi neurali, con in mezzo molte sfumature sulla difesa e enormi divergenze di interesse sulla politica estera. La possibilità di una «coalizione di volontari» è basata sull’articolo 44 dei Trattati, che prevede che il Consiglio possa affidare missioni di Psdc (politica di difesa e sicurezza comuni) a un certo numero di paesi, senza coinvolgere tutti i 27, ma comunque è un progetto a 5-10 anni. La Slovenia sta approfittando della sua presidenza per spingere il dossier dei Balcani occidentali. Francia e Olanda hanno appena fatto una dichiarazione comune a favore di una «Europa forte».

IL MINISTRO SLOVENO della Difesa, Matej Tonin, ha affermato che «la proposta di una forza iniziale (Initial Entry Force) di 5mila unità che si addestrano assieme migliorerebbe la preparazione della Ue a rispondere a eventuali crisi future»: i paesi europei, anche se avessero voluto proseguire le evacuazioni da Kabul, hanno dovuto abbandonare a causa del ritiro Usa.

La Ue ha già un battlegroup di 1500 militari, ma non è mai stato utilizzato. Nel bilancio pluriannuale Ue 2021-27 sono stati stanziati 8 miliardi per la difesa (ricerca e sviluppo). Di recente, Borrell ha rilanciato l’idea di una First Entry Force, una forza rapida pronta all’azione forte di 50mila militari. Nel 2017 è stato lanciato il progetto di un aereo da guerra (Francia, Germania, Spagna). È in corso una riflessione sulla «strumentazione ibrida», contro le minacce «ibride»: disinformazione, manipolazioni varie, securizzazione dei beni comuni mondiali (spazio, mari, cyber).