In Italia è stato un Natale caldissimo, degna conclusione a tutti gli effetti di un anno record, il 2023, per le temperature medie registrate a livello globale. Alla vigilia di Natale la temperatura media in Emilia-Romagna (misurata cioè su tutta la superficie regionale, dalla costa adriatica di Rimini alla punta più alta degli Appennini, il Monte Cimone senza ombra di neve) è stata di 13,6 gradi: normalmente, in questo periodo, dovrebbero essere circa 10 in meno, ha commentato Federico Grazzini, meteorologo dell’Arpae Emilia-Romagna.

Il 2023 ha letteralmente «frantumato» il precedente record del 2019, superato di ben +3,8 gradi. Questo dicembre caldissimo ha portato a fenomeni singolari anche in Piemonte, dove tra il 22 e il 23 dicembre 105 termometri della rete di monitoraggio dell’Agenzia regionale per l’ambiente (pari a quasi il 30% del totale) hanno stabilito il primato di temperatura massima in dicembre dal momento della loro installazione: il picco più elevato è stato registrato a Cumiana (Torino), con ben 25,2 gradi.

QUELLI A CUI ABBIAMO assistito non sono fenomeno eccezionali, ma s’inseriscono in un anno che ha registrato e superato uno dopo l’altro tanti primati. L’Italia, ad esempio, ha vissuto l’autunno più caldo dall’Ottocento, con una temperatura media di 2,09 gradi superiore rispetto a quella registrata nel periodo tra il 1991 e il 2020. Molti di noi, insomma, hanno vissuto tutto questo nella propria vita.

E luglio 2023 era stato il mese più caldo a livello globale, registrando la temperatura più alta per qualsiasi mese a partire dal 1940. Il dato è di circa 1,5°C rispetto alla media 1850-1900, il limite stabilito dall’Accordo di Parigi. L’effetto del caldo è acuito dalla riduzione delle precipitazioni, un fenomeno globale che ormai riguarda non solo l’Africa ma buona parte dell’Europa e tutto il Nord America (Canada, Stati Uniti, Messico) secondo l’ultimo report Global Drought Snapshot 2023 patrocinato dalla Convenzione delle Nazioni Unite per lottare contro la desertificazione (Unccd). «In base ai dati riportati da 101 Paesi aderenti alla Convenzione Unccd, 1,84 miliardi di persone sono colpite dalla siccità, di cui il 4,7% è esposto a siccità grave o estrema» spiega il rapporto.

In Europa, i danni economici correlati alla siccità sono aumentati del 63% nel corso di vent’anni. Il problema delle precipitazioni riguarda la pioggia ma, soprattutto, la neve: la riduzione delle precipitazioni nevose che non rappresenta un problema solo per le località turistiche di Alpi e Appennini, dove temperature permettendo si prova ad ovviare con la neve artificiale, un palliativo assai costoso.

IN ITALIA QUESTO inverno 2023-2024 pare seguire quelli precedenti: il primo monitoraggio realizzato dalla Fondazione Cima evidenzia un deficit del 44%. A novembre le precipitazioni c’erano state, ma poi le temperature sono salite. «La neve ha un ruolo fondamentale sul ciclo idrologico: rappresenta infatti una scorta d’acqua per i mesi primaverili ed estivi quando, fondendo, nutre i fiumi a valle. Per questa ragione, il monitoraggio di questa risorsa durante l’inverno ha un ruolo importante, perché ci fornisce una stima delle “scorte idriche” su cui potremo contare, rappresentate da un parametro noto come lo Snow Water Equivalent (Swe, in italiano Equivalente Idrico Nivale) che, appunto, descrive la quantità d’acqua contenuta nella neve» spiega Fondazione Cima. A fine dicembre c’è poca neve sulle Alpi, che rappresentano la scorta d’acqua più importante della penisola, perché alimentano il bacino del Po, che infatti attualmente registra un deficit del -36%, e anche sugli Appennini, dove il bacino del Tevere registra un meno 41%.

UNA SITUAZIONE drammatica che non riguarda solo il nostro Paese: negli Stati Uniti l’estensione del manto nevoso al 22 dicembre, pari al 13,2% della superficie del Paese (escluso l’Alaska), è la più bassa da almeno due decenni, secondo i dati della National Oceanic and Atmospheric Administration. Il record negativo precedente, che risaliva al 2004, era pari al 18,5%. «Siamo in una corsa contro il tempo. Il nostro Pianeta si trova a pochi minuti dalla mezzanotte per il limite di 1,5 gradi. E l’orologio continua a ticchettare» ha ricordato un paio di settimane fa, alla Cop28, il segretario generale della Nazioni Unite, Antonio Guterres. A fine luglio il suo grido di dolore: è finita l’era del riscaldamento globale, ora la Terra «è entrata in quella dell’ebollizione».
Non possiamo più fingere che il problema non esista.