L’Alta commissione elettorale ha ammesso alle presidenziali del 26 e 27 maggio solo due candidati. Affronterà l’ex capo delle Forze armate, Abdel Fattah al Sisi, il nasserista, terzo classificato alle presidenziali del 2012, Hamdin Sabbahi. La campagna del sindacalista, più volte intervistato dal manifesto, ha superato lo scoglio della raccolta di 25mila firme in almeno 25 governatorati, condizione per l’ammissibilità al voto. Tuttavia i suoi sostenitori hanno già denunciato irregolarità. Alcuni affiliati al movimento Corrente popolare (Tyar shaabi), guidata da Sabbahi e sostenuta anche dal partito Dostur (che fu del premio Nobel Mohammed Baradei, ora in esilio volontario in Europa), sono stati attaccati da uomini in borghese nelle università di Daqhleia e Banha nel Delta del Nilo. Lo stesso Sabbahi risulta indagato dalla procura del Cairo per finanziamenti illeciti dall’estero, in riferimento alla campagna elettorale del 2012. Sono stati bocciati invece tutti i candidati dell’ultim’ora: tra cui l’avvocato Mortada Mansour, presidente della squadra del Cairo, Zamalek Sporting Club, e la nota presentatrice tv, Bothaina Kamel.

Grandi assenti saranno i Fratelli musulmani, maggiore movimento di opposizione. Ma le autorità egiziane puntano sulla stigmatizzazione di tutti gli islamisti, come gruppi genericamente affiliati al terrorismo. Non basta la condanna a morte di 528 sostenitori della Fratellanza, voluta dalla corte di Minia nel marzo scorso, il primo ministro Ibrahim Mehleb ha presentato la nuova legge anti-terrorismo. Il testo recepisce la dichiarazione della Fratellanza come organizzazione terroristica, punendo chi sostiene, finanzia e promuove le attività del movimento. La legge conferisce poteri speciali alla polizia per mettere in sicurezza i luoghi delle proteste, in particolare le università: centri principali delle attuali contestazioni.

Ormai la repressione dei movimenti islamisti è accettata anche dalla comunità internazionale. Archiviato l’entusiasmo con cui Stati uniti e Unione europea hanno accolto la vittoria alle elezioni del giugno 2012 dell’ex presidente Mohammed Morsi, la corsa ad abbandonare gli islamisti moderati è partita dalla Gran Bretagna che ha avviato indagini sui conti e i legami con movimenti jihadisti da parte della Fratellanza. Non solo, l’Alto rappresentante della politica Estera dell’Ue, Catherine Ashton, unico leader straniero ad aver visitato Morsi dopo il colpo di stato del 3 luglio 2013, ha rinnovato il sostegno alle autorità egiziane «nella lotta al terrorismo». Poco importa se questa battaglia sia sinonimo di repressione non solo del principale movimento di opposizione, ma anche dei partiti laici contrari alla commistione tra politica e uniformi. Dal canto loro, gli Stati uniti si sono affrettati ad inserire il gruppo Ansar Beit el Maqdis (Abm) nella lista delle organizzazioni terroristiche.