Una carriera redditizia, quella di due giovani avvocati che lasciano l’Italia, formatasi negli studi di avvocati di Londra e di New York. Si specializzano sui diritti d’autore e il copyrigth, ma soprattutto si appassionano ai libri e fondano una casa editrice, che pubblica una interessante e ragionata collana di romanzi di sport di autori anglosassoni. Una collana che attraverso lo sport presenta le contraddizioni del nostro tempo, dall’integrazione alla discriminazione razziale, dalla corruzione del mondo sportivo marcio e privo di valori ai figli della classe operaia, che attraverso lo sport cercano il riscatto sociale. Storie  ben raccontate che nel panorama editoriale del Bar Sport Italia, dedito unicamente alle biografie di famosi calciatori, rappresentano una vera boccata d’ossigeno per tutti coloro che amano lo sport. Una scommessa rischiosa, che premia una piccola e consolidata casa editrice la 66tha2nd. Isabella Ferretti, che insieme al marito Tomaso Cenci ha fondato la casa editrice, spiega anche perché gli scrittori italiani affermati, al contrario di quelli anglosassoni, non si cimentano con il tema dello sport nei loro romanzi. Intanto anticipiamo alcuni titoli in uscita nel 2014 da Pantani era un Dio nel decimo anniversario della morte del Pirata a Suite 2000. L’ultima notte di Ayrton Senna dedicato al campione di formula 1, fino a Un giorno triste così felice biografia romanzata del calciatore brasiliano Socrates, autore di una gestione politico sportiva del Corinthias.

 

  • Come nasce la casa editrice?

 

Sul finire degli anni Novanta io e Tomaso Cenci siamo andati a lavorare a Londra in uno studio legale, che si occupava di copyright e diritti d’autore, poi ci siamo trasferiti a New York. Il mondo culturale londinese e newyorchese, così diverso dal nostro, hanno profondamente segnato la nostra vita. Nel 2004, quando siamo tornati in Italia, abbiamo deciso di abbandonare la nostra professione perché avevamo capito che la nostra vita era tra i libri e deciso di buttarci a capo fitto in questa avventura fondando nel 2008 la casa editrice 66thand2nd, il nome della strada dove vivevamo a New York.

 

  • Quali sono state le vostre prime pubblicazioni?

 

Abbiamo iniziato con la collana Attese, volevamo una produzione “attesiana”, il primo libro è stato Shoeless Joe di Patrick Kinsella, che parla di baseball cui è seguito Hurricane di James Hirsch, che narra di un pugile sospettato di aver ammazzato tre bianchi nel New Jesey, scelte che hanno come comune denominatore la lotta al razzismo. Questo libro per noi ha rappresentato una pietra miliare, abbiamo scelto di favorire la pubblicazione di una letteratura di integrazione, quella anglosassone. Una scelta rischiosa, che sta dando i suoi frutti.

 

  • Perché privilegiate autori stranieri?

 

In Inghilterra e negli Usa gli scrittori hanno una diversa cultura sportiva, tutti hanno praticato sport, vivono la sfida narrativa come una sfida personale, sono molto attenti alla descrizione dei particolari, perché hanno vissuto in prima persona l’esperienza sportiva. Inoltre, quando incontrano il pubblico sono sempre disponibili, dopo le presentazioni chiacchierano con chiunque, rispondono a ogni sorta di domanda. In Italia abbiamo chiesto ad alcuni scrittori affermati di cimentarsi con il romanzo sportivo, ma lo considerano un genere letterario di serie B, non accettano di sporcarsi le mani. Gli scrittori italiani conosciuti, si sentirebbero retrocessi se accettassero di trattare il tema dello sport nei loro romanzi. Negli scritti di DeLillo la complessità dello sport è molto evidente, in Italia vorremmo uno come lui, ma non vi sarà mai un Don DeLillo del romanzo sportivo. Quest’anno pubblicheremo i racconti di Fitzgerald dedicati a vari sport. Sono racconti a capitoli, ognuno dedicato a uno sport, dai quali emerge con chiarezza l’idea fitzgeraldiana dello sport come vita, lo sport inteso come amalgama della vita.

 

  • I giovani scrittori dovrebbero essere meno schizzinosi?

 

Ci mandano manoscritti che vertono solo sul calcio, le cui tematiche sono molto spesso volgari, nessuno si cimenta in tentativi narrativi che riguardano altri sport come il nuoto, la ginnastica artistica, la pallavolo. Per alcuni lo sport è un modo facile per essere pubblicati.

 

  • Perché avete deciso di dare vita a una collana sportiva?

 

La letteratura sportiva consente di raggiungere un pubblico diverso per età e formazione e consente di affrontare temi che altri generi di libri difficilmente riuscirebbero a sollecitare. Heartland di Antony Cartwright, pubblicato nel 2013, narra di un match tra una squadra locale inglese e una di musulmani, che diventa occasione di scontro all’interno di una società smarrita di fronte alla pace sociale. Il libro di Emanuele Tonon I circuiti celesti da noi pubblicato recentemente su Simoncelli, riguarda il problema della sicurezza. Sono temi che la letteratura sportiva ti consente di affrontare con facilità.

 

  • Siete stati dei precursori in questo ambito?

 

Non spetta a noi dirlo, grazie al nostro vissuto nella cultura anglosassone sin dall’esordio di 66tha2nd non è mai mancata l’attenzione allo sport, un ambito che può fungere da stimolo per la letteratura. Certo gli autori anglosassoni trattano lo sport con grande attenzione, curano tutti i particolari, spesso, come nel caso di Antony Cartwright, sono nati e vissuti nei posti che descrivono, suo nonno era uno che faceva il pugile, e Cartwright mi ha detto che si vendeva gli incontri di boxe per dare da mangiare ai figli e mandare avanti la famiglia.

 

  • Chi sono i vostri lettori?

 

Lo zoccolo duro è rappresentato dagli appassionati di sport e sono persone avanti nell’età, però un libro come La partita perfetta di Michael Shaara, alle fiere del libro ci viene chiesto esclusivamente dagli adolescenti. Il libro La strada del coraggio, scritto dai fratelli Mc Connon, sulla vita di Gino Bartali e il suo aiuto dato agli ebrei durante le leggi razziali, è stato letto maggiormente da lettori anziani, ma ha finito per interessare anche un pubblico di lettori tra i 30 e i 50 anni, come se fosse un romanzo cult.  E’ stato un testo divulgativo, che ha svelato un lato nascosto di Bartali. La prossima settimana uscirà un libro di Marco Pastonesi su Pantani, parla del campione vissuto e raccontato dalla gente comune. Bartali e Pantani attraversano la storia del Novecento, seppur da angolazioni diverse, sono entrambi dei personaggi epici.

 

  • In tempi di crisi e di ignoranza dilagante, vale la pena fare gli editori e investire nei romanzi di sport?

 

Tutto questo ci costa sacrifici, soprattutto sul piano economico. Quando abbiamo avuto l’idea della casa editrice e deciso di rinunciare alla nostra sicura e remunerata carriera di avvocati, mandando all’aria i master che avevamo fatto, ci hanno detto di tutto, che eravamo folli e incoscienti. La scelta di pubblicare certi autori avviene in maniera ponderata, non possiamo permetterci di sbagliare. Gli scrittori di romanzi di sport che pubblichiamo non sempre sono conosciuti in Italia, questo rappresenta un rischio non da poco rispetto alle grandi case editrici, che possono anche permettersi di sbagliare. L’intuito e il coraggio ci premiano, come nel caso di Salvatore Scibona, il suo agente ha cercato di vendere alle grandi case editrici italiane i diritti del romanzo La fine ma tutti hanno rifiutato, noi invece li abbiamo comprati, subito dopo Scibona è stato inserito dal New Yorker nell’elenco dei primi venti scrittori under 40, e tutti i nostri principali editori si sono precipitati a chiedere se i diritti fossero ancora liberi. In questo caso siamo stati coraggiosi e lungimiranti. Per fortuna io e mio marito Tomaso Cenci, siamo complementari, lui è la parte emotiva della casa editrice, io quella organizzativa. Inoltre, tutti gli autori stranieri e italiani con i quali abbiamo avuto contatti per la pubblicazione dei loro libri di sport, si sono dimostrati fino in fondo dei veri sportivi in tutti i sensi, hanno sempre collaborato fino all’ultimo, manifestando un sorprendente spirito di squadra. Noi crediamo nella forza dei libri, ma è anche così che si vince.